lunedì 28 luglio 2014

ti vedrò ricamare



“conosciti esteso”
ercole medici


“ricamavo. ricamavo di fronte alla finestra, appena davanti al davanzale. gli occhi si fissavano sulla tela, mentre i pensieri giravano per un mondo che conoscevo appena.
suor costanza diceva che le mie erano mani preziose, intarsiate di cieli e di paradiso. correvano sul lino come se scivolassero in un canale innevato e i punti s’incrociavano e diventavano migliori amici. quanto amavo ricamare…”

le lessi quella malinconia che resta viva pure dopo cinquanta, sessant’anni.

“ero sveltissima e quando mi mettevo in testa di finire un lavoro, fossero state addirittura lenzuola di organza, lo finivo puntuale e basta, tanto che mi stupivo da me per la velocità.
non esisteva più niente e nessuno, se non il caffè che chiedevo a mia madre, per lasciare le palpebre spalancate.
cominciavo dall’alto e già non vedevo l’ora di arrivare all’angolo. alle volte pensavo che con quella corsa appassionata non mi stessi godendo neanche il percorso del filo, che s’intrecciava con le mie dita e con le ore che si scurivano. ma mi sbagliavo. 
se parto ora da su, domattina sarò già all’angolo, pronta a curvare. lo dicevo così, senza esserne certa, giusto per l’impazienza di finire e di portare a termine il mio lavoro. poi all’improvviso, dopo qualche caffè e mia madre che più volte era entrata per dirmi di smettere, giungevo all’incrocio, pronta a voltare la tela.
l’angolo era il primo traguardo raggiunto, quello in cui dicevo che non potevo smettere proprio allora, allora proprio no! e giravo e continuavo la mia corsa di gloria.
le dita erano instancabili e ballavano con l’ago, girando con i fili. era tutto un volteggiare di catenelle, croci e cordoncini e pure di bellissimi punti nascosti. si vedevano solo sotto, al rovescio, e sopra c’erano solo delle ombre taciturne e appena accennate. e sai che diceva suor costanza? che nei miei ricami il rovescio era più bello del diritto… e che soddisfazione era per me, che bellezza! lo scarto era meglio del ricamo per tutti.
ricamavo di tutto: lenzuola, asciugamani, coperte, biancheria, tutte cose che potessi scrivere col filo e riporre come qualcosa di davvero pregiato e profondamente intimo.
poi smisi. per lavorare. ricamare non era un lavoro che mi permettesse di comprarmi una casa e di fare progetti per il futuro. però l’ho fatto per molti anni, per tutti, ed era bellissimo… mi sentivo importante, sentivo che stessi costruendo qualcosa nel mondo.
pensa che il telaio ce l’ho ancora: è in soffitta”.

“ricomincia, allora!” le dissi balzando dal letto “ricomincia a settembre, ottobre. scegliti la tua nuova finestra e annega i tuoi occhi di nuovo sui fili con cui scrivere, scrivere ancora! per noi, per te”.

le sue pupille corvine luccicarono. brillano da sempre di speranza e di vigore, ma io vidi altro. c’era passione, desiderio di ferire la tela per non ferirsi più con la vita.

“mi sento intatta solo quando ricamo”.

(arriverà l’alba e io ti vedrò ricamare)

bi


[christian schloe digital art]

martedì 22 luglio 2014

per aspera ad astra


"considera il mondo la valle del fare anima
allora comprenderai l'uso del mondo"
john keats

la montagna educa al silenzio.
alle parole mute dei fiori e ai sentimenti taciuti degli alberi.
alla pace eterna delle foglie che scricchiolano sotto i piedi, agli sguardi distanti delle creature che la abitano e che scrutano, mute, ogni passo.
insegna la bellezza delle cose minuscole e la perdita del fiato di fronte all’imponenza delle rocce.

la montagna educa all'ascolto.
dei fruscii, delle luci inattese, del chiacchiericcio degli uccelli.
dei richiami, dell'ombra che si sposta col sole, delle buche che s'aprono, dei rami che svolazzano, dei piedi che s'arrampicano e del cuore che pulsa pazzo dentro.

la montagna ci vuole diversi.
ci spiega il valore della lentezza, del sudore della salita, della gioia della vetta, dei panorami che ci proiettano verso migliaia di infiniti - e pure che la discesa duole alle gambe.
è una terra di mezzo che ci proietta al cielo e mette le ali allo sguardo.

la montagna ci vuole come le nuvole che disegnano ombre sui prati e vuole che scivoliamo a piedi, ridendo, nei canali ancora innevati.
 
bi

 
[monte velino, 2487 metri]


"in parete sfioro con le dita tra un appiglio e l'altro il fiore del raponzolo di roccia, il fiorellino a goccia della sassifraga.
tra i prati amo il batuffolo della negritella che sparge da vicino l'odore di vaniglia.
il corpo è avvolto d'aria, il cielo sopra pure lui è in cammino.
scendere alla fine del giorno è un atto di congedo che contiene oltre il grazie anche l'arrivederci."

erri de luca