un giorno a berlino ho incontrato charlie.
charlie stava dipingendo con dita rovinate e piene di
grazia le quattro stagioni di vivaldi sulla sua fisarmonica.
un’eco di bellezza soffiava come una brezza fresca e
disegnava foglie autunnali, a caderci sulle spalle.il corpo suo tutto accompagnava queste foglie e le faceva volteggiare a destra, poi a sinistra, poi le spingeva in avanti, poi le risucchiava indietro, poi creava turbini e coni croccanti, poi le tirava verso il cielo, poi se le ingoiava dentro e le risputava rinverdite e primaverili, poi creava l’inverno e ce lo donava sui nostri palmi delle mani spalancate.
non importava che fosse giugno, no, perché charlie ci stava trasportando in un altrove senza stagioni.
la platea di charlie era incantata.
la platea di charlie era la stazione della metropolitana di stadtmitte.
eppure suonava con tutto se stesso.
col suo dentro più intimo, tanto da far gemere la sua corporatura esile, coperta da una camicia sbiadita ed un pantalone color castagna.
come se di fronte a lui ci fossero centinaia di mani, pronte e chiuderlo nel loro plauso più esplosivo.
come se un corridoio ampio e lungo gli si aprisse di fronte e lui lo riempisse di una colata di musica divina.
come se nessuno fosse in piedi, ma fossimo tutti seduti e muti e stretti dentro i nostri abiti eleganti.
tutti lì, lì per lui.
come se non importasse più nulla, nessun altro luogo da raggiungere, nessun orario da rispettare.
importava solo charlie e la sua magia suonata all’angolo semibuio del pianerottolo della metropolitana, tra una rampa e l’altra di scale.
l’ho visto sul suo palco riempito di fiori muoversi col busto verso i lati, che suonava la testa indietro e in avanti e ancora indietro.
l’ho visto posare i suoi polpastrelli su quei tasti e ho sentito le note cantate così delicatamente perforarmi i pori della pelle e incastrarsi nella nervatura delle mie ossa.
l’ho visto nel suo tait nero, acceso come una supernova pronta a disintegrarsi per rinascere più stella di prima.
io non lo conoscevo charlie, non so chi fosse e da dove venisse.
so solo che costruiva incantesimi per poche monete affogate nel cestino anonimo posto sotto i suoi piedi e, senza interrompere la sua opera solenne, rispondeva con un merci appena accennato.
e quei piedi, pieni di vita, saltavano invisibilmente sotto lo sgabello e bucavano il pavimento per raggiungere il polo opposto della terra...
non importava che fosse una stazione: charlie era lì per consegnare la bellezza al mondo.
e il mondo gli si radunava intorno per una manciata di secondi, per volare via con lui, in alto, e riscendere trasfigurato e pieno di grazia e di divinità.
un giorno a berlino ho incontrato charlie.
e mi sono commossa.
e mi sono innamorata ancora una volta della musica.
e mi sono riempita di vita.
bi
[ph. bi]