venerdì 9 maggio 2014

antica

 

"dovete fare pensieri dolci e meravigliosi
saranno loro a sollevarvi in aria"
j. m. barrie, tratto da peter pan
  

antica
guarda, si è eretta questa bocca di leone sulle scale. un miracolo nel cemento, un segmento di vita sbocciata tra le morti. alleggerisce i piedi, quando scendi, e ti fa sentire una libellula con quattro ali variopinte. quando sali, t’accompagna i talloni, facendoli spiccare verso l’alto.
 
antica
la tovaglia di quel rosa primitivo incipria la tavola. ce l’hai lasciata cadere, come un cristo cede alla propria fine, annodandosi tra le braccia addolorate di sua madre. giace, lì, ripiena di molliche. eppure è così piena di vite.

antica
appartengo ai luoghi in rovina, in cui i muri consumati di esistenza riscrivono sulle proprie pelli la mia storia. come fece la fanciulla bianca, che una notte strinse la mia mano con la sua luce e lesse. lesse me, i miei trentanove anni, facendoli scivolare tra le nostra dita. dita bambine. 

antica
come la mensola di marmo, che incappuccia il comodino al piano di sopra. indugia sul legno appassito e, carezzandolo, gli ricorda quanto le carni si gelino al contatto col marmo. il marmo spezza ogni sentimento e ricorda che il brivido è uno strato di pelle che scivola via e che perdi per sempre.

antica
come la macchina da cucire nera e stondata, che hai nascosto allo sguardo del mondo. l’hai riposta nel passato remoto, in cui il tempo l’ha cristallizzata. riposa nel soggiorno, ferma da tempo. per lei vivere non equivale a fare, esserci è ciò che basta. per me neanche, eccome. vivere non è mai fare.  

antica
come i decori celesti dei piatti e delle tazze da tè. la dolcezza non è una debolezza che va perdonata: questo cantano in coro, dalla credenza poggiata sul muro. la dolcezza dei colori pastello della voce che non s’alza, delle carezze che il suo indice mi scrive sulla fronte, della discrezione del buio e di quanto sia capace di farsi nero: questo, tutto questo è ciò che ci è stato insegnato.

antica
piantata nel posto sbagliato. con lo sguardo alla ricerca dell’est e dei suoi contorni montani. col fiato che colora di verde la bocca e lecca la lingua di brina. io mi curo col vento. quando il respiro vien meno e il petto si cuce sul cuore, allora sento un vento secolare che spira. e inghiotto l'aria fino in pancia, per restare in vita.
 
bi
 
 
[shadowbox photography - delusions]
 

1 commento:

  1. Navigo e mi perdo e perso finalmente banchetto su una zattera oro lucente.

    RispondiElimina