martedì 21 luglio 2015

marciapiede di stelle


dovremmo avere tutti delle sedie da mettere fuori alla porta di casa ogni sera e godere del calare del sole.

era così che si faceva con mia nonna. cenavamo presto, per liberare subito la tavola e lavare i piatti. poi ero io ad apparecchiare il marciapiede, che era marciapiede - sì - ma senza esserlo alla maniera cittadina. era un luogo ristretto appena fuori alla porta, che raccoglieva in cerchio le storie della giornata.

sistemate le sedie, quelle un po' precarie con la seduta in paglia, usciva nonna e, dopo pochi istanti, giungeva la signora lidia, piena dell'odore della sua casa. aveva lasciato a casa il suo ciccillo, davanti alla tivù, perché lì fuori - fuori casa di nonna - era una roba per donne. poi era la volta della signora letizia, che arrivava lentamente con il suo chignon color rame sempre ben raccolto e pettinato. al seguito la signora irma ed i suoi capelli argentati, un fiume di parole contornato da due sopracciglia folte a forma di ali potenti.

erano fortissime e raccontavano storie straordinarie. in verità io non riuscivo a restare proprio ferma e andavo e venivo e correvo e tornavo e giravo intorno alle sedie. loro erano i pianeti serali attorno ai quali mi piaceva gravitare, sentendomi sempre a casa, ma mai rinchiusa dentro a quattro mura, eppur protetta da un soffitto che, dal grigio-blu, si sfumava sul grigio piombo e si riempiva di stelle.

- bi
 

[grazia innocenti, il flauto magico]

 

"si sentiva molto giovane; e al tempo stesso indicibilmente vecchia. affondava come una lama nelle cose; e al tempo stesso ne rimaneva fuori, osservava. aveva l’impressione costante di essere lontana, lontanissima, in mare aperto, e sola. sempre aveva l’impressione che vivere, anche solo un giorno, fosse molto, molto pericoloso. non che si sentisse particolarmente intelligente, o straordinaria. […] l’unico talento che aveva era di riconoscere la gente come d’istinto".

virginia woolf, la signora dalloway

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