venerdì 2 agosto 2013

intermezzi di leggerezza

come quando lasci giacere i panni dispiegati sul letto. non hai più spazio per unirti a lui, ma che fa? loro giacciono in ordine cosparso e si mettono in posa come piccole opere d'arte contemporanee, anzi no, post-industriali e sincretiche, come fossero delle metropoli comunicazionali. e tu cominci a sentire le gambe che formicolano libertà e ti senti leggera.

anche quando ti arrabbi per giorni, dietro ai problemi che affliggono il mondo e sui quali pensi che qualcosa puoi (anzi devi), come fecero secoli prima anche giovanna d'arco e giordano bruno. eppure una parte latente di te medesima dice che potrebbero diventare delle specie di fantasticherie, tali da ossessionarti testa e spirito e basta. al mondo non fanno un bel niente.
e lo capisci perché poi un giorno stai camminando sotto un sole augusteo che ti piomba a picco sulla testa, mentre hai addosso tipo trentanove gradi e un'ottantina di umidità, e vedi che sotto le pensiline di bar e ristoranti, fatte anche di tende da sole, c'è una cosa pazzesca, di cui non immaginavi proprio l'esistenza: l’acqua nebulizzata! quella fresca vera! quella magica che non ti bagna e ti rinfresca, nel mezzo della città calderrima.
cioè tu non ci avresti mai pensato, eppure c'è chi lo ha fatto al posto tuo e il mondo è andato avanti. dunque, rilassati. pensa (e mangia) leggera e via.

pure quando ti esce un brufolo al centro dei due occhi, in cima al naso, poco sotto il nascondiglio segreto del terzo occhio. lì. che chi ti guarda negli occhi si perde e finisce per fissarti la tua orrenda bolla cremisi, perfettamente in tinta col tuo colorito imbarazzato.
sarà colpa del salame, ti dici, anzi no, della mozzarella fritta, anzi no, della nutella dopo cena, anzi no… non ti ricordi bene quali altre porcate abbia mangiato nei giorni precedenti, ma tanto qualunque pensi è quella di sicuro.
insomma, una con un brufolo al centro degli occhi, in cima al naso, poco sotto il nascondiglio segreto del terzo occhio, deve per forza sentirsi leggera. pena il suicidio anomico.


come quando litighi e ti racconti tutte quelle cose verissime sul fatto che hai ragione, che ultimamente hai ragione, ma in fondo, perché no, hai sempre avuto ragione in vita tua. e litigare è diventato ormai uno sport ripetitivo e tedioso, che a un certo punto prendi appunti sull'agendina a righe, annotandoti tutte le tue personalissime e rispettabilissime e dignitosissime obiezioni e capisci che, be', sono sempre le stesse.
le annotazioni, le frasi, tue e della controparte, sono uguali a quelle uguali della volta prima.
quindi stai un po' arrabbiata per fatti tuoi, rimugini, mentre di là pure rimugina la tua metà, alla quale dovresti per coerenza col momento topico togliere l'accento e chiamarla così: meta.
insomma poi una dei due cede, tu ovviamente, che avevi detto che manco morta avresti ceduto e tutte queste bugie così e vi vedete. arriva che sembra un orso grizzly affamato, mentre tu ti senti una cerbiatta sul ciglio del burrone e lo guardi con lo sguardo a dire: non ti fidare dell'aspetto mio, ché dentro ringhia una tigre di mompracen, cosa credi!
ebbene: guardandoti, scoppia a ridere. sì, ti trova semplicemente irresistibile. capisci che hai buttato tutti quei giorni di pesantezza nel cesso e la leggerezza torna ad alitarti sotto le piante dei piedi sudati.


oppure quando sei stanca e non esci, hai mal di testa e non esci, hai il ciclo a duemila e non esci, hai i rodimenti e non esci, hai strappato le fascette delle scarpe tacco dieci e non esci, non mangi la pizza e non esci, aspetti un invito perché fai la preziosa e non esci, ti senti mortificare e non esci, diventi in tre secondi furibonda per un ago in un pagliaio e non esci, esci ma è come se non uscissi.
ecco, sì: esci anche nuda, purché leggera.

gli intermezzi di leggerezza esistono, fattene una ragione. pure quando ti senti pesante come un macigno e odiosa come la sorellastra obesa di quella sfigata di cenerentola.
il segreto c'è: è sufficiente che diventi gatta. una mistica strega piena di pozioni e di bidibibodibibu, che per giunta sappia ridere di sé. 
spegni la parte sinistra del cervello e attiva quella destra. e capita pure che tu ti emozioni e pianga.

bi
 
 

 

 

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