ogni sera io e clara ci coricavamo prima della
mezzanotte. ero ancora figlia unica e quello era per me il momento più
intenso della giornata. lo aspettavo per tutto il giorno, mentre al mattino
uscivo per andare alla bottega della signora elle, a riempirmi
le narici dell'odore del pane e della pizza; mentre correvo nei vicoli e
tornavo a casa appiccicata di aria e con i piedi tinti di sfumature di
nocciola; e a merenda, quando mangiavo una fetta di pane con sopra un dito di
crema al cioccolato e clara era fuori, a studiare.
sembrava che non tornasse mai, che fosse così impegnata
da non riuscire a far parte dei miei giochi. avrei preferito mezza fetta di
pane e cioccolato, ma clara lì con me a raccontarmi le sue storie da
grande. poi arrivava la sera e cenavamo tutti insieme nel salone con la
tivù accesa su giallo sera. arrivava poi
l'immancabile necessità di andare in bagno, su, al piano di
sopra. sopra alle scale buie e alle finestre aperte sulla collina
nera. il tempo di accendere le luci delle scale, correre in bagno e riscendere
col fiatone e la paura delle ombre nere dietro.
il mio piccolo letto pieghevole era attaccato al letto di
legno di clara, appena prima della libreria e della finestra. era il nostro
momento delle confessioni, quello, del resoconto delle giornate, del
significato da dare alle cose, che lei abilmente e con saggezza mi insegnava, e
pure il momento delle preghiere. allora lei si inginocchiava in cima al letto,
chiudeva il petto sulle ginocchia, poggiava i gomiti e lasciava le braccia
a giacere sul cuscino. io la osservavo con curiosità, pronta ad infilarmi nella
sua stessa bizzarra posizione. io avrei preferito restare a guardare il
soffitto, immaginarci il cielo e gli angeli fermi in ascolto, ma avevo paura di
dispiacerle. pregavamo insieme io e clara e poi spegnevamo la luce, per
continuare a parlare e ad immaginarci le cose.
mi sentivo meno figlia unica, meno impaurita, meno sola,
appena un po' meno solitaria.
- bi
[svetlana bekyarova] |