come le fronde sempre uguali a se stesse ballano col vento a favore e si rispecchiano sui vetri di fronte, spezzandosi senza ritorno.
come le ombre allungate dei pomeriggi corti di febbraio
si coricano sui muri a quadri, del colore dell’oro caldo, nei bordi della piazza
che vocifera.
e il muschio s’aggrappa con insolita ferocia al selciato
che calpesti alla cieca, mentre rincasi.
come il lievito solleva pani e dolci mai fermi e
ammorbidisce i loro intestini dentro alle croste.
come gli archi svuotano le mura incessanti dei palazzi
antichi.
e le braccia delle madri novelle s’aggrappano alla vita
dei figli appena germogliati.
come la musica solleva le memorie celate nei ventricoli
bui dei cuori ansimanti.
come le vigne ruzzolano altere per le colline inverdite.
e i canti dei monasteri si levano solenni e discreti,
distanti dalle strade che corrono e ululano.
come i cieli scorrono rapidi e i mari s’infrangono
disuguali e i tetti si coprono silenziosi.
come le soglie s’aprono verso al di là anonimi e
stranieri.
e i portoni si serrano come tuoni di tempesta.
come i lampioni s’infiammano serali e prevedibili.
come le piogge si riversano nelle terre, inondandole di esistenza
che scorre.
e gli amanti si coniugano come verbi pieni di gerundi che
agiscono.
come le lacrime rigano e disegnano fratture vermiglie.
come le pagine del libro si schiudono serali in cima ai
cuscini calpestati da teste colme di desideri.
e i boschi di avvitano ai loro segreti mai pronunciati e
pieni di oblii.
come le panchine si fanno compagnia e le nonne cuociono
ferratelle pregando ave marie e i fiumi evaporano al passaggio degli amanti incandescenti
e le amiche si legano in un abbraccio senza fini e gli occhi si perdono dentro
panorami vivi e i pensieri generano destini appena pronunciati e le giostre incastrano
le parole sorridenti dei bambini e le morti frantumano i corpi lasciando vivi
gli spiriti.
così io m’immergo nei nostri labirinti, delicatamente.
bi
[dipinto di vladimir volegov] |
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