martedì 9 aprile 2013

i panni stesi fuori





mi piacciono moltissimo i panni stesi fuori.
prendi la casa di quella del primo piano, ad esempio. è sempre piena di voci e la luce della tivù esce fino ad illuminare il balcone. le tende sono color tortora e lei le sposta con leggerezza e pazienza. è mora e sottile e suo marito la aiuta spesso in casa.
è lui che esce fuori a stendere i panni. in genere di sera, con il buio della lavatrice fatta dopo il lavoro. i bambini giocano vicino alla finestra lunga e corrono intorno al tavolo bianco. apre la finestra, facendola scorrere, mentre sorregge una grossa bacinella gialla col solo braccio destro. di fare piano, dice loro mentre la spalanca, che corrono e corrono e paiono instancabili.
i fili su cui stende i panni sono lunghi e attraversano tutto il balcone. così, da destra a sinistra, dall’inizio alla fine. non li mette in ordine, come farebbe mia madre. lei sostiene che abbiano un verso, i panni stesi. una direzione, un posto ben preciso. lui invece li lascia in ordine sparso e li sistema morbidi, rilassati.
ci sono asciugamani dai colori etnici e lenzuola a sacco di un arancio piuttosto acceso. poi una fila di vestitini e canotte e pantaloni e camicie di bimbo. sono dei due figli maschi, ancora piccoli.
il vento li agita un po’ e li fa danzare liberi, dopo che questi hanno lavorato a lungo su quei corpicini sudati. dei figli, dico, che corrono e sudano e si buttano per terra e strusciano le ginocchia sul pavimento velato di vita casalinga e mangiano a tavola seduti su schienali più alti di loro con posate da adulti che colano cibo sulle maglie grigie e blu.
vivono una vita difficile i panni, che quando li stendi si distendono e chiudono gli occhi per qualche ora. il vento li culla, li asciuga, li coccola. mentre loro sognano. sognano di non avere quelle mollette colorate a tenerli legati e sognano di volare, pure. sotto un cielo familiare, sempre lo stesso per lunghi periodi.
il buio serale definisce alcune forme, altre invece le lascia solo immaginare. capisci che c’è anche una tuta lì stesa, più lunga di quei vestitini. è scura e ampia, forse è di sua moglie. la mora, sì, del piano primo.
poi ci sono quelli del secondo. si vede che non si fidano, perché li stendono dentro. sempre fuori, nel balcone, ma su fili appesi a riparo sotto la tettoia del terrazzo di quelli del terzo, per capirci. se si fidassero, infatti, li stenderebbero come quelli del primo: a testa in giù verso il mondo.
sono in due, moglie e marito. stendono le cose a tema: tutte le cose di casa, tipo strofinacci insieme ad asciugamani insieme agli accappatoi, e a parte i vestiti. quando fanno la lavatrice dei vestiti, lavano solo quelli e li espongono come opere d’arte, ben distesi e stirati.
lui è un maniaco della precisione, si vede. stende i panni abbinando i colori delle mollette alle maglie. una questione complicatissima che non so approfondire, perché mi manca questa sensibilità estetica. mi fido del suo gusto ed è giusto che egli l’assecondi.
i loro panni li vedo di giorno, perché di notte scompaiono. se ne vanno di sicuro in qualche luogo sperduto della casa, ben ripiegati in riflessione su se stessi. ordinati. su una sedia, immagino. magari ai piedi del letto.
ecco, mi piacciono terribilmente i panni stesi fuori. mi piace immaginare la loro vita reificata e la vita di chi li gestisce e li tiene a posto. e la vita di chi li guarda e li osserva e che in loro ci trova la bellezza di cose che, quando le vedi, le scruti curiosa e le ammiri e sai che cose non sono.

bi
 
[disegno dell'artista nicoletta ceccoli]

2 commenti:

  1. Quanto sei brava nelle descrizioni...
    Quei panni stesi li ho visti davvero muoversi e gonfiarsi accompagnati dal venticello della primavera.
    E poi mi hai fatto venire in mente una cosa che a me piace tantissimo osservare: le luci nelle case degli altri (che tra l'altro è pure il titolo del libro di Chiara Gamberale che ho sul comodino!).
    Io mi soffermo proprio a guardarle quelle luci e spesso riesco a vedere anche un pezzetto di quella casa sconosciuta, magari il soffitto, qualche quadro appeso, una libreria e mi ritrovo,curiosando negli affari degli altri, a fantasticare su cosa il mondo fa in quel preciso momento in cui sto passando io........

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    1. anche io amo molto immaginare la vita degli altri.
      nei loro occhi,quando li incroci per strada e non sai chi siano.
      dentro le loro finestre accese, scorgendo un angolo di soffitto o un lampadario o un quadro o...i panni stesi :)
      nei citofoni, gialli d'ottone, grigi di ferro, con i nomi, senza nomi, con una lettera, con un indizio.
      la vita degli altri è bella.
      anche solo immaginata :*
      (grazie amorina mia)

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