mercoledì 26 giugno 2013

-assiomi-

(non godo della proprietà transitiva)

- guardo in alto nel cielo con una media di venti volte al giorno. a volte lo fotografo anche, soprattutto sovraesposto. non è mai, dico mai, dello stesso colore.  
- non godo della proprietà transitiva. per quanto i miei andirivieni siano già solo forme di pensiero, in realtà ciò che vale per molti, quasi mai, ormai, vale per me.
- temo il fragore interiore dei tuoni, il loro rimbombarmi dentro. mentre mi compiaccio dello spettacolo della loro luce e di quella loro perspicace velocità di apparire e riandarsene, avverto sempre un’eco destra all’orecchio e un tuffo in pancia.
- preferisco le persiane alle serrande. già  solo per il nome. è anche per un fatto estetico, perché le serrande sono orrende e hanno un concetto di utilità che non si confà molto alla bellezza. hanno il su e il giù, anziché spalancarsi orizzontalmente.
- sposerei volentieri un liutaio. o forse in un’altra esistenza l’ho già amato. uno che costruisce musica con le sue dita lunghe e affusolate, tra silenzi che sanno di legno e di pomeriggio. di poche parole, carnali e ancestrali.  
- m’innamoro una volta al giorno. ogni giorno si manifesta un breve motivo per dire una frase d’amore. per restare incastrata in un oggetto meraviglioso. per dedicare un bacio.
- seguo le farfalle con lo sguardo, finché ne vedo il disegno del volo. poi continuo ad immaginarle. sarò una farfalla un giorno, almeno lo spero. piccola e viola, polverosa e leggera. farfalla.
- ho sempre disegnato cavalli con una lunga macchia latte sul viso. da bambina. li ricalcavo, li copiavo, li disegnavo centinaia di volte. poi un giorno mi innamorai di una cavalla. sta con me da qualche anno e ha una lunga macchia latte sul viso.
- fisso le stelle. eppure alcune di esse già non esistono più. il tempo ci frega tutti, quello dell’orologio, dei numeri, dei mancano cinque minuti. il tempo non esiste.  
- mi capita ancora di ascoltare le canzoni di adamo, celentano, don backy, dei dik dik, dei camaleonti, dei pooh, della bertè, di mina, di patty pravo. vedo la me bambina.
- a mezzogiorno penso cose comuni. robe di tutti i giorni, facili e che mi scaccino il senso della fame.
- mangio fragole almeno due volte alla settimana, mai il latte, compro limoni giganti, adoro guardare le frutterie e sentirmici inadeguata.
- a proposito, mi sento inadeguata quasi sempre in mezzo a un gruppo. prima mi ci infilavo per forza, ora invece mi assaporo il dolce restare un po’ nel margine. e un po’ no.
- sono nata poco prima dell’estate. ed è in quel poco prima che si consuma un’immensità piena di numeri fratti e serate tiepide, scaldate da un vento del sud. amo il sud, rispetto al nord. da guardare, dico.
- non mi sento quasi mai completamente nuda. adesso è quasi mai.
- preferisco i fiori stampati sui pantaloni sottili, le righe marcate sul costume da bagno, la paglia rigida sui capelli, i piedi scalzi tutto il giorno.
- vedo le onde della terra che s'infrangono in cielo e quelle dell'oceano che mettono radici profonde. ma non posso dirlo quasi a nessuno.
- una mattina mi sono guardata allo specchio e mi sono vista bella. da lì, non ho più smesso. imperfetta ed asimmetrica, storta ed inclinata. nessun naso, nessuna ruga, nessuna rotondità, nessuna macchia sul viso mina più al mio sguardo su di me. 
- difficilmente mi sento capita. che poi in fondo io mi capisco molto bene.
- non ho empatia per chi vuole avere sempre ragione. basto io. 

 bi 

nacqui per occupare mura rovinate e antiche
per girare su strade avvolte in sampietrini scuri e consumati
velata da un cielo terso e illuminato
che fosse giorno
che fosse notte
 


[ph. mia, vista del portone della chiesa di santa maria in valle porclaneta]
 

 

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