lunedì 31 dicembre 2012

i peggio regali

basta il pensiero, sì, purché sia un pensiero bello e pensato bene.
non uno qualunque, impersonale rispetto a chi lo fa o a chi lo riceve, opaco e insipido, senza colore né anima, senza nome e cognome, senza amore proprio.
avete ricevuto almeno uno dei peggio regali?
tipo una presina in feltro con la faccia di babbo natale che ride.
è rossa e bianca, dunque apparentemente ben abbinabile, ma di una bruttura quasi unica.
neanche utile, perché per essere natalizia è di feltro e le dita te le scotti, eccome.
tipo un panettone, una bottiglia e un pacco di caffè.
tipico regalo che si scambiano gli adulti attempati che hanno superato i sessanta.
il panettone è quello scontato all’entrata del supermercato a destra, con i canditi giallo paglierino e rosa sbiadito, che sanno di caramelle mou e poco di canditi.
la bottiglia è frizzante e sta sotto i due euro, c’è scritto brut e tutti credono che sia per dire secco, invece è brut-tissima.
il pacco di caffè è una roba d’altri tempi, che nel dopo guerra i nostri nonni regalavano ai vicini di casa in cambio di un po’ di pane appena sfornato dal forno di casa loro.
una specie di baratto che aveva senso allora, non certo oggi.
tipo anche un messaggio uguale parola per parola e inviato a catena a tutti gli amici, senza un minimo di riferimento a noi che lo riceviamo, senza il nostro nome, senza sentimento, senza pensiero, senza l’essenziale.
il vero orrore.
poi i peggio regali sono pure quelli che uno fa a se stesso.
tipo attaccarti ad un uomo che non ti ama.
che ti violenta ogni giorno con il suo silenzio, che ti ignora senza sguardo e che ti vuole solo convincere ad andar via.
affinché sia tu ad andartene, credendoti coraggiosa e forte.
non lui a cacciarti, solo perché è un vigliacco.
invece ti ha già cacciato, mentre tu ti ostini a restare.
senza dignità, senza rispetto, senza amore per te stessa.
tipo un  paio di ciabatte con il tacco e il pon-pon di piume al centro.
bianche o, peggio, color cipria.
da quando in qua le ciabatte con i tacchi sanno di buon gusto e di beltà e di intimità da casa-dolce-casa?
da mai e mai lo sapranno.
tipo quelle costosissime creme della profumeria che sono di marca e non valgono un cavolo, che sono piene di zozzerie e alcune sono pure cancerogene, ma non lo sai perché non sai che dovresti quantomeno leggerti l’inci, piene di petroli e di siliconi invisibili e pericolosi.
tipo quelle maglie di lana che ti dicono al negozio “questa di lana è bellissima e caldissima” e vai a leggerti l’etichetta e c’è scritto che di lana ce n’è tipo il venti percento, se ti dice culo, e il resto sono acrilici e fibre sintetiche di questo genere.
e la maglia è di marca e costa più di cento euro.
tipo la febbre quando non lavori e vuoi partire e non vedi l’ora ché i tuoi amici di sempre t’aspettano che hanno fatto la spesa per il cenone di capodanno tutti insieme con un menù gustoserrimo e una tovaglia di carta spessa rosso fuoco e i calici intonati con il centrotavola fatto a mano e la musica alta mentre si mangia e pure dopo e il brindisi tutti insieme in piazza a strillare e dire vaffanculo all’anno vecchio e a chi lancia i petardi dalla loggia che ti baci felice e ti stringi felice e sei felice e vai a letto felice.
i peggio regali esistono e si riproducono rapidi come conigli, ma conigli non sono.
sono regali brutti, regali di merda, che sarebbe bello per il  mondo che non venissero fatti né a sé, né agli altri.
il mio augurio per l’anno nuovo è di non fare e non ricevere regali così, che nessuno ne ha bisogno.
regaliamoci pensieri che siano ben pensati e pure una vertigine che ci porti danzando nell’immensità.   

aug, bi



[immagine tratta da internet]

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