si concesse un orecchio coraggioso, di quelli che non restassero indifferenti.
lo fece così, passandosi appena l’indice attorno all’orecchio sinistro e attorcigliandoci una ciocca chiara un po’ disordinata.
fu così che dilatò l’udito fino al suo intimo, giù, in fondo.
egli le confessò quanto lei si amasse, in fondo.
pure con tutti quei difetti ostentati sotto agli occhi brutali di tutti.
ché lei lo sapeva: era bella.
una donna d’amare, che a modo suo s’amava.
si allontanò quel po’ che la fece ritornare.
la solitudine, quella le serviva.
la distanza dalle voci che la distraevano, quella voleva più di tutto.
portarsi la sua sé appresso, senza caricarsela come un peso inerme, quello le occorreva.
il resto lo trovò di là.
l’eco delle notti senza bisbigli, quello trovò.
sdraiata su una nuvola e cullata dalle mutevoli voci del vento.
rannicchiata sul ciglio di una serena luna calante, nuotando per un cielo terso e nero.
distratta dall’odore della menta e dall’eleganza primitiva delle viole di maggio.
un percorso impervio e sudato, quello trovò.
inumidita dai primi colpi di calore del sole e rimproverata da un’aria pungente.
meravigliata da gesti insoliti e straordinari e da attimi inconsueti e pieni di spazio.
scollata dalla noia, incollata alla terra e ai suoi segreti.
i colori che desiderava, quelli trovò.
i viola, i fucsia, i rosa pallidi.
i verdi bagnati, i verdi asciutti.
gli azzurri carichi, i gialli densi e succosi.
motivi per restare, quelli trovò.
scardinando le porte dell’abitudine.
dimenticando porte da tenere chiuse.
lasciando cadere paure e tentennamenti.
e trovò il sole coi suoi cammini sempre uguali, la luce coi suoi spicchi geometrici nei pavimenti chiari, la pioggia rimbombante e chiassosa e grigio perla, l’amore schivo, l’amore gentile, l’amore carnale, parole da ripetere, parole da scordare, pizzichi di memoria e storia, fiori grandi come spilli, foglie dense come vernici, rumori ascoltati nel primo sonno, sogni cavalcati nelle ore avanzate delle notti, trapassi, passaggi, pagine voltate.
tornò leggermente dorata, piena di pagine da scrivere e bocche da baciare.
tornò sempre uguale e così diversa.
tornò di quei ritorni che odiava da sempre e che un giorno, ne era certa, sarebbero scomparsi.
bi
"e allora impara a vivere. tagliati una bella porzione di torta con le posate d'argento. impara come fanno le foglie a crescere sugli alberi. apri gli occhi. sul raccordo del green cities service e sulle colline di mattoni illuminate di watertown, la sottile falce di luna nuova sta distesa di schiena, unghia luminosa di dio, palpebra abbassata di un angelo. impara come fa la luna a tramontare nel gelo della notte prima di natale. apri le narici. annusa la neve. lascia che la vita accada".
sylvia plath, diari
[immagine tratta da surrealismo pop]
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