martedì 3 settembre 2013

sarebbe...ma non posso

sarebbe auspicabile dire che sia bellissimo tornare dopo venti-e-passa giorni e provare gioia e piacere nel ritrovare i colleghi. quell’orda infernale che allevia le giornate barbose in ufficio (dicunt).
che la città al rientro non puzzi di cane morto e non sia ancora più cinerea del nove agosto. e pure che quell’orizzonte grigio che scorgo dall’autostrada, tornando, altro non sia che lo scenario costruito a cinecittà per un odioso film di paura.
che quello in casa sia solo odore di chiuso e non quel fetore infantile che accompagna i miei ritorni dai tempi che furono, pieni di lacrime e musiche di ligabue e dei depeche mode sparati dentro grosse cuffie. un odore tipo di blatte castano scuro-cioccolato, che vedono me entrare tristerrima, seppure io non possa vedere loro.
sarebbe cosa giusta e buona convincersi che il silenzio della casa vuota sia un silenzio gemello di quello di due giorni fa, dieci giorni fa, venti giorni fa, perché tanto sempre silenzio si chiama. quello pieno di fiori, monti, cose verdi, strade deserte, vicoli caldi e ventosi.
che lo spazzolino morbido che ho qui sia morbido come quello che ho lasciato lì e che disfare le valigie sia meno faticoso che farle.
che le mie gatte, che mi aspettavano tutte le notti in cima alle scale per accompagnarmi davanti all’uscio e assicurarsi che andassi a dormire lì, fossero proprio lì solo per cibo e bevande, e non per queste sciocchezze da ragazzina dell’asilo.
sarebbe meglio pure dire che i colori della città siano accesi come quelli delle montagne, già solo infilandosi su per gli occhi un collirio omeopatico (evvia).
che la luna davanti al balcone tutte le sere o quasi io ce l’abbia anche qui, pur vedendo che il balcone guarda il nord (e il nord la luna lo snobba e lo guarda frontale, con aria di sfida).
che le piante in balcone mi amino come la lavanda e la menta e il mandorlo dell’orto.
che il problema sia solo mio, che sono una romantica visionaria disadattata controcorrente.
sarebbe bello, sì.
sarebbe una salvezza per una come me, che è così da trentanove anni.
sarebbe, sì che lo sarebbe.
ma non posso.

bi



 
"e starmene al centro, abbracciata da un cuscino destro e verticale.
e chiudere le persiane di fronte alla luna e alla collina abitata.
e l'onda di lavanda e menta che mi avvolge pochi passi prima di inchiavare la porta al rientro.
e gli schiamazzi degli uccelli come unici rumori.
e gli zoccoli di legno e il pigiama a fiori, pure quelli.
e i sogni come richiami, coi risvegli di un tempo.
mancanze.
si chiamano così".

 
bi

[ph. bi]

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