l’autunno di vivaldi a settembre, perché non è mai settembre vero finché non ti ascolti a cannone l’autunno e dici: ora sì che è autunno. e puoi pure morire simbolicamente in pace con te stessa.
gli aforismi di fabio volo scritti da jim morrison e quelli di jim morrison scritti da fabio volo, perché non è mai una questione di tempo, la moda. la moda va o non va, quindi si muove ed è semmai una questione di spazio.
quei braccialetti colorati tutti uguali a farfalle e cuoricini, che hanno un nome, cioè una marca che qui è meglio che non dica, che poi sono assai spersonalizzanti e appiattiscono (non i polsi, ma chi li porta e ha più di quindic’anni).
gli apericena, che tutti sanno cosa siano, ma nessuno sa chi abbia avuto l’infausta idea di chiamarli con questa bruttura lessicale: mai parola fu più orribile e nefasta.
i capelli lisci per le ricce e ricci per le lisce, che una come me che li ha misti è fuori dal giro e aspetta la prossima moda. nel frattempo se li lega.
l’inverno di vivaldi a dicembre, perché non è mai freddo vero finché non ti ascolti a cannone l’inverno e dici: ora sì che è freddo bello nonostante sia quasi finito dicembre. è che ancora non è arrivato gennaio e manco febbraio e sei ignara di quanto cadrai in depressione sotto venti chili di coperte.
le petizioni per salvare i pinguini dei caraibi del nord, perché fa bene fare del bene e i pinguini potrebbero un giorno estinguersi e soprattutto c’è gente che ci crede se gli dici che nei caraibi del nord ci sono dei pinguini, solo per il fatto che sono da salvare. capito?
le fragole a gennaio e i carciofi a giugno, che tuttavia non sono natura morta. una volta vidi un film, ero molto piccola. ibernarono una tizia che era malata (ma poteva pure essere uno, non mi ricordo). poi la ritirarono fuori che suo marito era vecchio e lei ancora giovane. io ne rimasi sconvolta e mi sconvolge pure tanto la frutta fuori stagione, credo perché mi ricorda il dolore di lui nel film.
il pulcino pio per la pet therapy e per combattere il tormento dei tormentoni, perché l’ho cantato pure io. è come una specie di droga, la stessa che mettono nei panini mcchicken, mi sa.
i teschi a tutti i costi, pure sulle torte, ma non nei necrologi. li vedete pure voi, no? sono un esercito indiscriminato di teschi, alcuni pure rosa che dici: mo perché un teschio è rosa se le ossa sono bianche? eppure esistono pure rosa e così sia.
i lunedì primo del mese stracolmi di buoni propositi, che svaniscono il mercoledì col cinema scontato. e attenzione: oggi è troppo uno di quelli. e non venitemi a dire che non v’è neanche venuto in mente un buon proposito, perché non vi credo! a me ne sono venuti in mente ben cinque, ma già due me li sono scordati, perché non li ho scritti. accidenti a me.
la primavera di vivaldi a marzo, perché non è mai marzo vero finché non ti ascolti a cannone la primavera e dici: le rondini sono passate di moda, ora sì che è primavera vera.
i topi non più solo mouse, ma anche bianchetti, che mi piacciono un casino. mica si usa più il bianchetto liquido di una volta, che diventava calce dopo tre usi. adesso col topo è tutta un’altra cosa e ti sbagli felice, così puoi cancellare con la bava bianca adesiva del topo. da provare anche per i più scettici sugli errori! funziona, lo giuro.
mia mamma che separa le lenticchie buone da quelle puzze (il giorno dopo aver sgranato i fagioli), perché non comprerà mai una scatola di robe già pronte, lei proprio lei che è una tradizionalista incallita. e allora ruba gli occhiali di mio padre, perché dice che ci vede e non ha bisogno di comprarseli, e se li capa uno per uno, di fronte alla finestra con la tenda spostata. non passerà mai di moda e non sarà nemmeno mai vintage.
prima il mal di gola, passato quello il raffreddore cosmico, perché sono diventati come borse e scarpe: non si abbinano più.
gli stivali d’estate e pure di giorno e i sandali senza calze d’inverno e pure di sera, ovvero a mezzogiorno del quindici luglio con trentasei gradi esci con gli stivali (che dicono siano estivi) e alle dieci di sera del venti gennaio con meno dieci metti un bel tacco dodici per camminare sulla strada ghiacciata e aperto a sandalo. perché sì, è moda.
saturno contro, nel senso che saturno sta sempre contro tutti e tutto e quindi va di moda più lui che tutti i pianeti messi in fila uno dopo l’altro in ordine di distanza dal sole. se andassimo a vivere a saturno, avremmo contro la terra, sicuro.
le oche stupide per antonomasia che sono sempre femmine: ma gli ochi per antonomasia maschi mai? ne è pieno il mondo, oltretutto. e poi basta con queste cose maschiliste e stupide (e ho detto solo stupide).
l’estate di vivaldi a giugno, perché non è mai solstizio vero finché non ti ascolti a cannone l’estate e dici: da adesso la musica cambia proprio: sole, mare, luce e viva vivaldi.
i gormiti al posto dei playmobil, vale a dire la distruzione al posto del costruire: perché ci piace proprio far giocare i nostri figli con i mostri, anziché stuzzicargli l’immaginazione in modo costruttivo. li vogliamo violenti e prevaricatori, ecco.
le verità rivelate dai leggings, che dicono la verità più di tutte le religioni del mondo e punto. quello che mettono in evidenza è tutto vero, che manco serve avere fede.
i reggiseni con nomi di donna, nonostante reggiseno finisca con la o. invece, per par condicio, pure un reggiseno di nome vincenzo sarebbe carino, no? sì, magari nero.
il teorema di pitagora, che fa parte della famiglia dei sempreverdi e non viene mai sovrascritto da un teorema nuovo. come parla di cateti ed ipotenusa lui, nessun altro.
farsi il viso di plastica, riciclando le plastiche fatte in precedenza, perché fa molto bio. in pratica, prima dell’operazione scrivi di tuo pugno una lettera e dici: io sottoscritta dichiaro che tutto il materiale rimosso o eccedente lo do in beneficienza per il riciclo, perché produciamo troppa monnezza e la paghiamo due volte: per nuova e per usata. in fede e firma.
gli stereotipi, purché rigorosamente fabbricati in italia e col marchio made in italy e la bandierina verde, bianca e rossa, perché l’italia è assai esperta in tema di stereotipi. per non parlare poi dei pregiudizi.
cinquanta sfumature di grigio che un vestito non è indovina cos’è? non ve lo dico, ma non è una saponetta.
il bavaglino fatto con un canavaccio legato da una molletta per panni sulla nuca. perché? mica lo farò solo io? tinte forti o quadri, però, che quelli a fiori li sporco sicuro alla seconda forchettata.
sì, sì: le cose che vanno di moda sono rassicuranti.
bi