e che dopo che le incontri non ti senti più la stessa e ti cambiano le abitudini e la visione della vita e il modo in cui ti vesti e respiri e sorridi e piangi e ti emozioni e tremi e cammini e ti svegli diversa e non pensi più solo all’uno che sei ma al due che è l'altro…
sta di fatto che uno di questi è bob.
ricordo di aver trascorso lunghissime sere buie, raggomitolando le gambe e i piedi su me stessa nel terrore di avercelo ai piedi del letto, come laura palmer.
capito chi è bob?
ecco, sì, lui in persona proprio lui.
la mia vita all’imbrunire non è stata più la stessa da allora.
anche se di giorno mi sentivo un leone, che se l’avessi incontrato gli avrei staccato uno per uno quegli orribili capelli unti e viscidi fino a fargli uscire le lacrime pure dai pori della pelle, la sera invece me lo rivedevo lì di fronte, ai piedi del letto, con la bocca piena del suo ghigno demoniaco e di quello sguardo cannibale, che hanno infestato il mio immaginario di adolescente sprovveduta per molto tempo e mi hanno fatto perfino dire basta! per sempre alla lettura appassionata di stephen king.
perché infatti un altro è proprio it.
avevo divorato il libro di king in bocconi da cinquanta pagine ognuno, immersa in un mondo parallelo fatto di soffitte e cantine, mondi al di sopra e mondi sotterranei, fughe, batticuori, gole strozzate e senz'aria… ma bastava chiudere il libro per tornare sulla terraferma, aprire i fumetti delle avventure di pimpa e via: tutto scompariva.
fu il film a sconvolgermi. scoprii infatti quanto it fosse fatto di carne ed ossa e non fosse una creatura fluida e intermittente.
c’era. con quel viso giocoso da impietrire qualsiasi bambino al mondo, tranne (forse) king.
poi conobbi kubrick ad un cinema settembrino all’aperto e fu uno choc tremendo: il mio battesimo si chiamava arancia meccanica.
ho problemi con gli sguardi di ghiaccio che ti ingoiano in un azzurro che non è un mare cristallino e trasparente, ma un tunnel senza uscita abitato da angoscia e tachicardia, fatto di panico.
lì non ressi la botta.
dopo essermi quasi accecata entrambi gli occhi a forza di tapparmeli con le dita, dissi al mio amico inorridita:
- portami via quiii! questi sono pazziii!
piansi, anche.
da lì capii che avrei dovuto approfondire le mie scarse conoscenze sul concetto di follia e scoprii un altro mondo, tutt’altro che agghiacciante.
infatti il mio problema era (ed è) un altro: la violenza, davanti alla quale ho delle reazioni a me quasi estranee e sempre differenti.
tuttavia ad oggi ancora non mi sono sublimata con la visione intera di a clockwork orange: mi metto in ginocchio e chiedo perdono davanti all’effigie benedetta di beethoven e stanley, che amo profondamente.
altri problemi seri li ho avuti con cristiana effe e i ragazzi dello zoo di berlino, che hanno nutrito il mio inconscio di eroina e vomito e buchi e siringhe.
capii da subito che io e la droga saremmo state lontane, perché sono una che si caga sotto di brutto. (salvezza).
da allora le strade buie e gli angoli nascosti mi facevano formicolare i piedi poi gli stinchi poi le cosce poi i fianchi poi la schiena poi le spalle poi le braccia poi le mani poi le dita e mi pietrificavano la testa.
cristiana effe era per me un attacco di panico nuovo e diverso, forse per il fatto che fosse una donna e non riuscissi a provare terrore, ma altro sì.
mi ricordai che l’incontro con un’altra donna mi aveva angosciato molto: l’ape magà. non maya, che era una sempre allegra e scanzonata. magà, quella triste e sfigata.
una puntata segnò per sempre il mio rapporto con gli insetti: l’incontro con la mantide religiosa.
da quel dì di non ricordo quando, io e la mantide ci terrorizziamo a vicenda, ma io senz'altro moltissimo di più.
il concetto è che davvero ci sono incontri che ti rendono altro da prima, altro rispetto al tuo personalissimo dove e non sono mica tutti pieni di miele e cicciccì e cuori e fiorellini. ecco.
la paura è una cosa seria, perché sta dentro. non fuori.
bi
[immagine tratta da pop surrealist: mark brown "devil escapes... cut to chase"]