le parve di rivedersi esattamente lì.
folti capelli corti, occhi paglierini veloci ed attenti, un paio di calzoncini blu con tasche zeppe di segreti, una canottiera bianca a coste ricucita al centro della schiena, sandali chiusi blu con due occhi sbiechi al centro, tutti intenti ad osservare pure quelli, tutti concentrati a scovare altri tesori.
tipo una crostata fatta di una marmellata senza nome, scura, profumata di famiglia e d’estate, la stessa che trovava dentro i panciuti barattoli in vetro, sullo scaffale in alto a destra della dispensa.
il silenzio le palpitava tutt’intorno, eppure altre voci lontane la distoglievano altrove.
il silenzio le palpitava tutt’intorno, eppure altre voci lontane la distoglievano altrove.
- e adesso come faccio? zia si arrabbierà moltissimo!
il terrore le solcava il viso e il cuore le stava fuggendo fuori dal petto, mentre la signora pia la prese a sé, stretta tra due braccia esili e lunghe, e le disse sorridendo:
- non preoccuparti, ci penso io. togliti la canottiera.
se la tolse svelta, la girò sulla schiena e la guardò con afflizione: un grosso squarcio si era aperto al centro, nel momento in cui lei stava precipitando dall’altalena di ferro.
- ti sei fatta male?
le avevano chiesto, ma lei no, non sentiva dolore alla schiena, ma al cuore, lì sì.
il taglio nella stoffa era colpa sua e lei doveva rimediare.
fu la signora pia ad aiutarla, facendo un ricamo certosino lungo la lavorazione a coste del cotone bianco, a tal punto che nulla lasciasse credere che ci fosse una cucitura.
da allora avevano un segreto, lei e la gentile signora pia, qualcosa che sapessero solo loro due.
- è pronto, gli gnocchi sono in tavola!
echeggiò sua madre, riportandola a quell'adesso: il pranzo di quella domenica a casa della zia.
ma prima andò in bagno a lavarsi le mani e, per farlo, dovette salire due rampe di scale a elle, che la condussero nel pianerottolo del primo piano.
una luce debole e giallastra s’infiltrava nella tromba delle scale: il tempo stava cambiando e ampie nubi grigie avanzavano da ovest, dalla costa, coprendo il paese con una sottile coltre di fine agosto.
spalancò la porta del bagno: rimase incredula, anche lì sembrò tutto immutato.
accarezzò le piastrelle bianche e blu dipinte con disegni antichi, controllò il ripiano incavato nel muro e ci trovò due riviste di cruciverba ingialliti del duemiladue, alcuni ancora vuoti, altri riempiti per metà, una biro nera, quella che usava suo zio, il lavandino bianchissimo con due manopole tonde ma esagonali, sempre troppo dure per lei da aprire e chiudere.
e quel profumo di pulito, un pulito eterno e sempre fresco.
- è certo che non apparteniamo ad alcun tempo, no. ma ai luoghi, quelli sì.
si disse posando la mano sulla maniglia antica e lavorata e, lavate le mani, se ne andò quasi dispiaciuta di riscendere.
raggiunse gli altri al piano di sotto: il suo posto a tavola era quello di sempre, alla sinistra di sua zia e a destra di suo cugino, la finestra sulla lunga collina alberata alle sue spalle ed il grosso camino in marmo sulla sua destra.
mangiò quasi fino allo sfinimento, come a riempirsi la memoria di sapori, odori, abbracci che non voleva andassero perduti: due piatti di ottimi gnocchi di patate irregolari, ognuno diverso dall’altro, morbidi ma consistenti, spuntature di maiale al sugo con due salsicce panciute e tozze e cicoria ripassata in padella, verde, più verde delle altre.
- lasciati un po’ di spazio, perché c’è una sorpresa.
le sussurrò sua zia all'orecchio destro, sporgendosi verso di lei e posandole la mano sulla spalla, e lei ebbe un sussulto: per nulla al mondo avrebbe voluto che quella sorpresa si sciupasse, confidando a sua zia di aver scovato una crostata nell’angolo nascosto della finestra della dispensa.
- davvero?
le disse, sgranando gli occhi su di lei per la gioia e restando in silenziosa attesa.
in quell’attesa c’era un universo in movimento: il lungo sguardo ed il sorriso tra lei e sua zia, sua mamma compiaciuta della sorpresa che stava per compiersi di lì a pochi minuti, un pranzo senza tempo come tanti altri, la sensazione di pienezza che, nelle viscere di non si sa dove, lei sentiva stringerla dal profondo.
una pienezza che non avesse più bisogno di vuoto per riempirsi ancora: si bastava così, era proprio piena.
la zia si alzò: ormai la accompagnavano lenti movimenti stanchi e non più spensierati, dispetto di un’età avanzata e di un tempo che segna i corpi con il suo scorrere di vita.
- ma non le anime…
pensò lei, che guardandola la vide esattamente come fosse allora: mora, svelta, nient’affatto appesantita, corpulenta e vigorosa, austera ma dolce, con una veste a fiori dal fondo rosso scuro e comode ciabatte basse in lana cotta verde scuro, impercettibili calze del colore della sua pelle, capelli corti e scuri con la riga ben fatta verso sinistra, foltissimi e tutti uniti.
sua zia scomparve, per ricomparire piena di soddisfazione ed illuminata in viso da un riverbero di mirtilli misti a more e fichi: abbracciava a sé, stretto e con affetto, un vassoio pieno di crostata di marmellata scura ed indefinibile.
il suo regalo, profumato e dolcissimo.
per lei, solo per lei.
bi
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