lo aspettò per
anni sul ponte.
la serata era tiepida, settembre le rinfrescava le guance
dorate dell’agosto trascorso al mare. tutti parlavano rilassati, incrociando
risate e parole intorno al tavolo imbandito, con le bevande servite fredde e
gli spuntini da consumare prima della torta per il compleanno di linda.
il vento era leggero e le voci dei presenti si
confondevano con una musica blues di sottofondo. eppure rosabel si sentiva
prigioniera dentro una sensazione di disagio.
se c’era qualcosa di sbagliato, si diceva, era senz’altro il posto. se qualcuno avesse potuto vedere quanto fosse stata smembrata in quel momento, avrebbe visto un pezzo di corpo là e tutto il resto, cuore compreso, altrove.
se c’era qualcosa di sbagliato, si diceva, era senz’altro il posto. se qualcuno avesse potuto vedere quanto fosse stata smembrata in quel momento, avrebbe visto un pezzo di corpo là e tutto il resto, cuore compreso, altrove.
sperò che le passasse quel malessere.
la serata proseguiva piacevole, mentre rosabel abbozzava
degli impacciati convenevoli piuttosto disadattati, conditi da sorrisi
impersonali dei quali ella stessa si faceva meraviglia, ma dei quali i presenti
sembravano non accorgersi affatto. erano talmente presi dai loro vestiti scuri
e tirati a lucido, dai rossetti appiccicosi e i tacchi dodici delle ragazze,
dalle camicie con il colletto turgido dei ragazzi, che tempo per soffermarsi
oltre l’immagine altrui non ne avevano. né desiderio. l’unica fantasia che vedeva
compiersi in quella festa era un tripudio di immagini ben costruite e
vuote dentro.
quello strano disagio le aumentò dentro.
aveva lasciato il suo paese in festa, per ripiombare nel
grigio cittadino in anticipo, soltanto per far felice linda.
- faccio sempre di tutto per non dire di no agli altri… e dico
no a me.
pensò sospirando e spostandosi più indietro con la sedia.
se qualcuno avesse potuto vedere quanto fosse stata malinconica in quel momento,
avrebbe visto un corpo buio e senza luce. eppure nessuno sembrò accorgersi di nulla
e la serata proseguì liscia.
intanto lì nulla sembrava lasciato al caso. neanche le emozioni
congelate nelle foto scattate tra i vari gruppi seduti in posa intorno al
tavolo. neppure le loro battute lasciate in superficie. né l’anaffettività con
la quale posavano i loro regali per linda sopra al tavolo, restando in attesa
che lei li aprisse svelta. volevano il suo grazie, la sua compiacenza. nulla di
più.
questo era ciò che rosabel vedeva, rattristandosene.
crebbe l’imbarazzo di trovarsi lì e di voler tornare
indietro nel tempo di poche ore, quelle sufficienti per telefonare e dire no!
quel no che l’avrebbe trattenuta più a lungo fuori città.
guardava il telefono silente e accennava discorsi che poi seguiva distrattamente con le ragazze che le erano accanto. rosabel, che avrebbe voluto parlare della sua passeggiata in mezzo al verde del pomeriggio, delle foto scattate al suo paese da un punto diverso che glielo aveva fatto sembrare come mai visto fino ad allora, delle scarpe da ginnastica che ancora portava ai piedi e che le si erano riempite di minuscole spighe impertinenti, del sole degli ultimi tre giorni che le aveva invaso la stanza di prima mattina, si ritrovò a parlare di vestiti e cose senza sentimenti, senza entusiasmo, senza gioia.
guardava il telefono silente e accennava discorsi che poi seguiva distrattamente con le ragazze che le erano accanto. rosabel, che avrebbe voluto parlare della sua passeggiata in mezzo al verde del pomeriggio, delle foto scattate al suo paese da un punto diverso che glielo aveva fatto sembrare come mai visto fino ad allora, delle scarpe da ginnastica che ancora portava ai piedi e che le si erano riempite di minuscole spighe impertinenti, del sole degli ultimi tre giorni che le aveva invaso la stanza di prima mattina, si ritrovò a parlare di vestiti e cose senza sentimenti, senza entusiasmo, senza gioia.
- la gioia, questa mi manca.
e soffiò dentro un lungo sospiro.
ecco che il suo telefono suonò.
trasalì.
non attendeva nessuno, ne era certa, ma forse in un
angolo nascosto di sé desiderava ricevere un messaggio. lo aprì. una luce piena
di colori decisi ed entusiasmanti la colse di sorpresa, tanto da farla tornare
in vita, da illuminarle il viso e spalancarle le labbra per l’emozione.
erano fuochi d’artificio.
era lui che l’avrebbe voluta lì, accanto a sé, per guardarli insieme.
si sentì subito a casa, nell’altrove che sconsolata aveva
salutato in anticipo, nel luogo che sentiva più suo delle altre cose sue,
nell’affetto di una memoria dilatata e senza il tempo che passa per non tornare
più. era tornato, tutto ciò che sentiva mancarle era tornato a scaldarle il
cuore e il corpo tutto.
sentì finire un’attesa di cui nemmeno sapeva l’esistenza.
era come se fosse stata ad aspettare, affacciata ogni notte su un ponte poco illuminato e
con lo sguardo perso verso l’immensità dell'acqua, che arrivasse lui.
le parve di stare
ad aspettarlo da anni su quel ponte e quell’attesa,
piena d’affetto e riconoscenza verso la donna differente che si sentiva di essere,
la fece innamorare.
lo aspettò per
anni su quel ponte.
e lui arrivò.
bi
[immagine tratta dal film "la ragazza sul ponte" di patrice leconte
presa solo in prestito, poiché il racconto parla di un'altra storia]
è difficile scrivere racconti, in poche righe emozionare e costruire una storia che ti faccia affezionare ai personaggi. tu riesci benissimo mia blove...e questo è un grande dono. grazie. e ti auguro che questi racconti possano prendere la loro strada per un viaggio senza destinazione, come tutte le più belle avventure....
RispondiEliminati adoro. e grazie.
Eliminanulla di più, perché è già tutto.
il nostro.
tua blove
Tanto bene alla mia brosabel.......
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