martedì 29 gennaio 2013

le donne vengono da venere e gli uomini da dove vengono non se lo ricordano

lei.
esce in ritardo ed incontra la vicina di casa. la saluta allegramente e, mentre corre velocemente per le scale, le augura un’ottima giornata, pure se fuori piove a dirotto ed è ancora semi-buio, perché sono da poco passate le sette.
s’infila in macchina svelta, i capelli già inumiditi perché l’ombrello… già dov’è l’ombrello? l’ha dimenticato nella borsa nera, l’ombrello, ché pioveva l’ultima volta che ha messo orgogliosa il suo impermeabile comprato col cinquanta percento di sconto.
conta fino a cinque, mette la retromarcia ed enuncia a voce alta:
“oggi è una bellissima giornata!”
e sorride mentre lo dice, se no non vale uguale. mette la musica col volume a ventisei e lo stereo grida una stra-bellissima canzone rock piena di energia propulsiva, un po’ canta, un po’ guarda curiosa il telefono in attesa che lui, sì, lui proprio, le mandi un buongiorno col cuore.
si butta sulla strada principale in quinta e va diritta. sposta il retrovisore su di sé e si stende orgogliosa l’ultimo gloss zeppo di luccichini, che le accende due labbra paurose color rosa pallido. manca qualcosa, si dice. osserva la strada, controlla lo spazio che la accoglie ben oltre i centottanta gradi di visuale che qualsiasi essere umano avrebbe e capisce che le manca il mascara nero, ché dove caspita te ne vai senza?
smucina con la mano destra nei pertugi bui, buissimi, della gigante borsa marrone, quella senza ombrello dentro, alla ricerca della pochette perduta. ma sì, quella fucsia da tre euro del mercatino, con dentro i segreti inconfessabili dei barba-trucchi!
intanto va dritta, non sbaglia strada ed è perfettamente in orario con la tabella di marcia, che la vuole fresca e leggermente truccata nella sua femminilissima postazione di lavoro.
ed eccolo qui: mascara. guida con la sinistra e intanto lo svita, tirando fuori lo splendente pennello attorciglia-ciglia magico. si protende appena in avanti, in modo da centrare perfettamente il retrovisore ancora puntato su di lei, non perde mai di vista la strada e le macchine e via! si stende alla perfezione e senza tocchi schifosi e non districabili il suo favoloso mascara nero non resistente all’acqua. ché se devi piangere, piangi, chi se ne frega che poi ti scivola e ti crea due strisce nere poco simmetriche sulle guance arrossite dallo sfogo. se devi piangere, piangi e ne mostri orgogliosa i segni sul volto e ciao.
l’opera è conclusa. mancherebbe solo lui. sì, lui, il moroso del messaggio col buongiorno e coi cuori. va bene, che aspetta a fare? afferra d’istinto il cellulare ed inizia a comporre lei stessa il suo breve ma efficace:
“li senti i miei baci che ti danno il buongiorno, amore?”.
intanto guarda avanti, guida perfettamente, senza mai esitare in uno sbandamento a destra.
(tutte cose assolutamente da non imitare, che sia chiaro, per amore del cielo, percaritàdiddio!)
arriva in ufficio precisa e puntuale, bella come una dea dipinta da uno street artist sui muri di lisbona.
viene da venere, questo è inconfutabile.

lui.
esce in ritardo ed incontra il vicino di casa. lo saluta a malapena, con un “salve” ibrido ed esitante e, mentre corre velocemente per le scale, si chiede come si chiami, ché tutte le volte proprio bo? se lo scorda.
fuori piove a dirotto e tira fuori orgoglioso il suo ombrello over-size di un nero da impiegato triste e mesto. eppure  sta di fatto che non si bagna manco con una goccia virtuale. s’infila in macchina un po’ goffo e, per chiudere perbene l’ombrello nero over-size, si bagna tutti i pantaloni e sgocciola in cima al sedile vuoto del passeggero. tira giù un morto.
accende la macchina e attende certosino che salga la temperatura quel po’ che faccia scaldare il motore e che lo faccia vivere più a lungo possibile e in salute, al motore, così come gli ha consigliato il suo irruento amico meccanico.
accende la radio e ascolta i commenti di quei truzzi che parlano di calcio poco dopo le sette di mattina e che giurano eterna fedeltà alle maglie rigate e sponsorizzate delle loro squadre superfiche e mafiose. la musica no, si ascolta pure le previsioni del tempo, ma la musica gli fa perdere tempo e gli fa mancare anche il tg con le ultimissime notizie dei cruenti fatti accaduti nella notte.
si butta sulla strada principale in quinta e va diritto, senza accorgersi del panorama ingrigito e delle grosse buche a terra, nascoste malvagiamente dalla pioggia, che continua a scendere senza sosta. ne prende una, di buca. tira giù il secondo morto. continua dritto, un po’ più incavolato di prima.
guarda il retrovisore per tenere sotto controllo la strada anche dietro e s’accorge che è spostato. l’avrà spostato la sua morosa la sera prima per stendersi orgogliosa il suo splendido gloss rosa tenue, mentre stavano andando al cinema.
continua diritto, il cellulare ben nascosto nella tasca del piumino. suona. il cellulare ben nascosto nella tasca del piumino annuncia l’arrivo di un messaggio. sussulta e s’agita nervosamente, cercando di ricordare quale fosse la tasca. la sinistra? no, non è la sinistra, lì ci sono le chiavi casa, che lancia stizzito nel sedile vuoto del passeggero. sì, è a destra, quella tutta bella compressa sotto le grinfie della cintura di sicurezza.
allenta la cintura e intanto la macchina, guidata con la mano sinistra, s’allarga sulla corsia di sorpasso e si becca il clacson impaurito ed isterico di quello che gli sfreccia accanto. tira giù il terzo morto. intanto il cellulare sta sempre là, nella irraggiungibile tasca destra, soffocato e quasi paonazzo per la mancanza d’ossigeno.
lo prende, lo acchiappa deciso con la mano destra e se lo mette davanti al volante. si chiede come facciano gli altri a fare due cose messe insieme, cioè guidare andando dritti e in modo fatto bene e aprire un messaggio sul cellulare. e gli altri, generalmente, sono donne. 
intanto goffo e mezzo tremolante apre il messaggio.
“li senti i miei baci che ti danno il buongiorno, amore?”
- i baci? li sento? che sento? dovrei fermare l’orologio per fermare il tempo che mi serve per a) accostare b) leggere e capire il senso “altro” del messaggio c) riflettere su una risposta all’altezza degli ammiccamenti della morosa d) scrivere il messaggio e) rileggerlo per scovare i maledetti refusi f) inviarlo.
la ama, moltissimo, ma non ci riesce proprio a fare due cose insieme e rimanda di un’oretta la sua dolce, dolcissima risposta col cuore, al suo arrivo sano e salvo in ufficio.
arriva trafelato, i capelli spettinati con un leggero buco aperto sul capo da una vertigine perenne e comincia la sua giornata, già stressato.
(tutte cose assolutamente da non imitare, che sia chiaro, per amore del cielo, percaritàdiddio!)
insomma ancora a chiederci delle donne, degli uomini, delle similitudini, delle differenze, delle simmetrie, delle asimmetrie, degli anagrammi e degli ossimori?
suvvia, gli uomini a mala pena si ricordano il nome del vicino di casa, anzi che no, figuriamoci se si ricordano se vengono da marte, venere o saturno...
ed in ogni caso quello, saturno, ce l’hanno tutti i santi giorni contro.


bi



"per un vero cambiamento abbiamo bisogno di energia femminile nella gestione del mondo. abbiamo bisogno di un numero critico di donne in posizioni di potere, e abbiamo bisogno di nutrire l'energia femminile presente negli uomini".
isabelle allende


[creazione dell'artista Os Gemeos]

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