martedì 17 aprile 2012

"la vita non è in ordine alfabetico come credete voi"

trentacinque palline di cioccolata mi faranno male?
no, perché invece io penso che trentacinque palline di cioccolata siano talmente salubri e risanatorie da non far ingrassare e neanche vomitare, che non facciano nemmeno proliferare i brufoli, ma sorridere, anzi ridere proprio e cantare e scordare quello che volevi dire.
ecco, ho dimenticato quello che volevo dire. che da una parte è una fortuna, poiché questa notte quel folletto alato di mercurio è tornato in ariete e noi esattamente nel tempo dell'ariete ci troviamo.
tranquilli, non sono improvvisamente diventata un'astrologa, né un'esperta di influssi astrologici, ma leggo e sono attratta magicamente dalle cose extra-terrene ed extra-terrestri ed extra-ordinarie.
lui, mercurio, fa parlare tanto, stimola l'arguzia e il senso dell'umorismo, favorisce la comunicazione, insomma enfatizza tutto ciò che potrebbe andare a vostro discapito... a voi che leggete, intendo.
la verità è che volevo essere una gatta morta. una di quelle che, nient'affatto perplesse, ammiccano e parlano poco, ti compiacciono, ti sorridono debolmente e a denti stretti, appaiono fragili e un po' svenevoli tipo pronte proprio a svenire, che non sanno minimamente cosa voglia dire essere un gatto, né un gatto si gira a guardarle, mangiano poco (davanti a te) e poi tornano a casa e si fanno un panino con la mortadella bevendo una birra e tirando fuori l'aria guardandosi allo specchio e compiacendosi del trucco che si è sciolto, che ti danno sempre ragione in ragione di una dialettica che non hanno voglia di sostenere, monolettiche, tipo.
e non è mica una questione di genere, percarità. infatti ci sono anche i gatti morti. di quelli che, nient'affatto perplessi, ammiccano con occhi spenti e parlano poco, ti compiacciono, ti sorridono debolmente e a denti stretti perché ce l'hanno cariati, appaiono fragili e sensibili e tonti, che non sanno minimamente cosa voglia dire essere un gatto, né un gatto si gira e si girerà mai a guardarli, mangiano sano (davanti a te) e poi tornano a casa e si fanno due panini con broccoli e salsiccia bevendo birra fredda ed eruttando in modo sguaiato mentre fanno smorfie assurde guardandosi allo specchio del bagno e compiacendosi con un ghigno malefico, che ti danno sempre ragione in ragione di una dialettica che non sanno sostenere, monolettici, tipo.
(par condicio, qui vige la par condicio. se non altro c'ho provato, più o meno).
è diciassette, signori. è quel giorno che gli americani chiamerebbero sedici-bis: today is april the double-sixteenth on two thousand and twelve (detto con voce metallica tipo quella della radio al tempo della seconda guerra mondiale).
diciassette invece è bello e buono, altroché, esattamente come i gatti neri e il sale che cade.
sì, perché gli antichi temevano i gatti neri soltanto per il fatto che presagissero l'arrivo dei pirati. il primo a scendere maestoso e regale e unsaccobbello dal galeone dei pirati era proprio il gatto nero. quindi non è che il gatto nero porti sfiga come noi poveri idioti pensiamo. occhei?
e quando capitava che cadesse il sale sul tavolo, ai nostri avi rodeva parecchio il culo, poiché proprio il sale era il cosiddetto salario e costava fatica e sudore e tredic'ore di lavoro senza scarpe di sicurezza e abiti da lavoro e tappi alle orecchie in fabbrica. occhei?
sulla natura della sfiga del diciassette non so niente e manco me ne frega di indagare, mi basta di sapere che gli americani credano alla sfiga del diciassette per prenotarmi subito un bel volo per l'aeroporto gei ef chei, scendere con zainetto ambiguo in spalla e urlare: "diciassette a tutti voi! tiè!". occhei?
comunque, ho scoperto una cosa fantasticissima e meraviglioserrima: i fiori splendono di luce propria.
l'ho visto con i miei occhi, quindi è vero e non posso essermi confusa, perché avevo bevuto caffellatte e mangiato un cornetto alla crema, senza né droghe né alcolici.




qui nell'orto che guarda la mia montagna sacra in mezzo al verde si accendono e sembrano delle magnifiche lucciole viola che ti prendono gli occhi e te li attaccano su di loro come fossero piante carnivore e ti senti ingoiata e stordita lì in preda ad una delle ipnosi più potenti e pure regressive!
uno spettacolo, giuro. potete venire e constatarlo con gli occhi vostri e pure gratis, purché restiate in silenzio e camminiate in punta di piedi. occhei?
eppoi vi dico anche un'altra scoperta sensaz(z)ionale che ho fatto: se fotografi le nuvole che corrono libere e felici sopra all'orto le vedi correre ancora quando le riguardi in foto e sorridi anche tu e pensi che la vita sia una cosa straordinaria proprio perché extra-ordinaria se esci da questo schifo di ordinarietà che ti vendono a du' lire e ti rende lobotomizzato. occhei?




le immagini parlano meglio e di più delle parole e se pensi ad immagini anziché solo a parole senti anche la musica e ti inebri di odori che ti fanno chiudere lentamente gli occhi e sognare. occhei?
occhei, la vita vista solo razionalmente e guardata solo con la parte sinistra del cervello e senza illusioni è vista e vissuta a metà e appare anche come una storia di nonsenso raccontata da un matematico idiota che non vede che tra un uno e un due ci sono infiniti altri numeri e un infinito di possibilità colorate e impercettibili o percepibili con un altro senso oltre i cinque. e cinque non è un numero perfetto e manco sacro.
e, citando l'immensa bellezza di antonio tabucchi, vi urlo che "la vita non è in ordine alfabetico come credete voi". e nel voi ci sto pur'io.

bi

p.s. il pezzo è lungo. è mercurio, vi avevo avvisato.

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