venerdì 22 giugno 2012

ci sono domande e poi ci sono domande difficili e poi ci sono domande difficilissime



come mai la gente dà le cose per scontate, quando di scontato mo proprio mo non c’è più nulla? certo, a luglio ci saranno i saldi sotto il segno del cancro, ma comunque io non sto esattamente facendo sconti, anzi: io ho tipo aumentato le tasse e l'iva. sì.

come mai metti i pantacollant sotto il vestito? chiaramente è una domanda tipicamente maschia, che una donna proprio no, non farebbe. puoi pure chiamarli leggings, intanto, che fa più eighties, è più fescion e cerchiamo di parlare una stessa lingua (o quasi). e comunque li metto perché devo farmi la ceretta, va bene? tu come mai invece lasci a casa la tua immaginazione, che è parte del tuo (presunto) cervello?

come mai quando sono sul divano a vedere la tivù va tutto bene ed invece quando chiudo tutto e decido che basta, sono distrutta, è ora di farmi le mie otto ore di fila, ecco che dai miei vicini si accende la vita e cominciano a chiamarsi da una stanza all’altra manco avessero una reggia come quella di caserta? e a far abbaiare il cane per poi sgridarlo gridando affinché smetta? e ad ascoltare laura pausini a più di tre di volume? e a litigare sull’orario della cena che tanto già hanno cenato quindi ormai che ne parlano a fare? vicini, allontanatevi da me. grazie.

come mai sogno e mentre sogno so che è tutto un sogno ma mi angoscio un sacco come non fosse un sogno e se decido che basta sognare voglio svegliarmi da quel sogno il sogno invece continua imperterrito ad essere sogno come vivesse di vita propria e non fosse invece un sogno mio? non ci sono più i sogni di una volta.

come mai leggete fabio volo? dico io, con tutti i libri che esistono, pure quelli che hanno solo le figure, le parole crociate e i puzzle e i rebus, e valgono chiaramente pure topolino e il manuale delle giovani marmotte e le avventure di pimpa, comunque decidete di leggere fabio volo? cioè, non scrive lui. e chiunque scriva non è uno scrittore. sappiatelo.

come mai non abbiamo il coraggio di cambiare tante cose stupide ma proprio stupide che se le cambiassimo ne guadagneremmo, eccome? tipo: un giorno mi sono fatta coraggio e ho detto occhei, assaggio queste cavolo di alici. oh, non ci crederete: mo impazzisco per le alici che prima mi facevano senso! con quelle spinette pizzicose e quella consistenza poco consistente e viscida… insomma, per farla breve, mi sono convertita pure a un sacco di altre cose nuove negli anni: carciofi, cicoria, pane affettato invece delle rosette, broccoletti, fiori di zucca, pomodori secchi, peperoncini, melanzane sott’olio, kiwi e pure altra roba che ora mi sfugge ma che mangio. ma il baccalà no! quello non posso. sarà per via del nome.
   
come mai mi sento dire: vieni da me? quando vieni da me? è tanto che non vieni da me. orbene, capisco la predilezione freudiana o junghiana di ciascuno ad usare il tu, ma esiste anche l’io, oltre l’ego. per cui il tutto si traduce in: vengo da te? quando vengo da te? è tanto che non vengo da te. perché anch’io ho una casa, un mondo mio, cose mie, posti miei, eccetera. chiaro, no? non sono figlia di un benzinaio, ho poco tempo come tutti, ogni volta che mi sposto macino chilometri, ho una certa età... capito? e sia chiaro pure che tale considerazione nient’affatto superficiale né scontata vale per tutte le categorie esistenti: zii, cugini, amici, fidanzati, conoscenti, vicini, lontani, prossimi e venturi. c’è pure il dare, non solo l’avere. anche se sono entrambi prima coniugazione.

come mai da cinque giorni a questa parte, e tutt’ora infatti sto così, ho la sensazione che sto per distruggere qualcuno o qualcosa, annientarlo dalla faccia della terra, prenderlo a parolacce o a calci, insultarlo solo perché sì, senza che abbia fatto detto pensato nulla? vacanza, ho bisogno di una vacanza.

come mai sto qui, senza pranzo, senza fare pausa pranzo da una settimana, senza fare una pausa degna di essere chiamata tale di un’ora da sei mesi almeno, invece di stare dietro l’orto di casa mia in abruzzo a giocare con i mici nati da poco della mia lola, correndo su una salita di un metro con loro perché stanno imparando a salire, affacciandomi dalla finestra del bagno per spiare mentre si attaccano alla vita nelle mammelle della loro meravigliosa e giovanissima e selvaggissima mamma? o a tagliare le carote per la mia cavalla che è anziana e non riesce a spezzarle e mi dice che se non gliele taglio è inutile che gliele porti? già. 

come mai utilizziamo in modo indiscriminato e irrispettoso la parola capisco? sempre, qualsiasi cosa ci dicano gli altri, ci raccontino di sé, dei loro guai, problemi, tristezze, felicità, perdite, dubbi, fatti, cose, città, animali… tutto. abbiamo sempre la prontezza di dire ti capisco, pure con quel tono affranto da fiction. ma siamo veramente certi di comprendere? di capire noi stessi, prim’ancora che gli altri? e quindi solo poi gli altri? chiediamocelo, io per prima, che secondo me sarebbe una delle poche domande utili assai da fare. e impariamo ad abbracciare senza toccare.

bi

poscritto: toglietemi pure il ciao, io a me lo toglierei. infatti comincerò a dirmi ciao allo specchio, per poi togliermelo, tipo. sarà terapeutico per essere meno come sono un po' più come non sono e vorrei essere.

[immagine tratta da internet: c'è scritto ego, non eco.]

4 commenti:

  1. STUPENDO!siiii, tuttiaffanculo! ...quindi, quando mi vieni a trovare ai Castelli??? Ah ah ah :) Seiunmito

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    1. ahahah eddai!!! ;)
      allora, in effetti me tocca veni' su...
      lo dico da mesi!
      grazie perché sei lettore affezionato sempre più affezionato e ti stimo per la fiducia che riponi nelle mie pazzie...eheheh
      baci alla vs cara bubb avenue dalla valley de tears! :)))

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  2. Bella l'amica mia con la criniera tutta alzata! Dopo una settimana infernale ci sta tutto questo sfogo oserei dire......terapeutico!!!
    Brava. Cosi se fa!
    Cmq manca assolutamente una cenetta IO E TE E VENGO IO DA TE!!!
    T'addoro.
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