- guarda quanta bellezza e quanta storia in quella casa: ogni volta che la vedo, resto incantata.
- qui ci lavorava nonna quand’era giovane, aiutava la famiglia c.
- sarà che la guardo con gli occhi suoi, allora. mi sembra quasi un luogo irraggiungibile.
- loro erano molto ricchi, volevano solo lei per gestire l’organizzazione della casa, con la sua determinazione e il suo vigore.
si estende maestosa ma discreta, quasi nascosta agli occhi di chi passa, perché te ne devi proprio accorgere che c’è ed è così bella.
sembra che dentro sia piena di stanze e pare quasi di sentire ancora le voci di chi l’ha abitata per lunghi anni e vi si muoveva con maestosità eppure con gentilezza.
le finestre sono verdi e grandi e squadrate e disposte ad intervalli regolari, incorniciate da un marmo delicato e nient’affatto pacchiano, e s’aprono da un lato verso la strada e dall'altro dentro l’ampio giardino.
un terrazzo triangolare e spazioso s’affaccia verso la montagna: ha l’angolo che ne indica esattamente l’est e pare dire:
- la salita comincia esattamente lì.
si scorgono alberi da frutto, antiche siepi abbandonate ma sopravvissute, un altissimo ed imponente portone marrone scuro che disegna un arco, un cancello stanco, sì, ma ancora orgoglioso e semiaperto, come a ribadire:
- entra, non esitare.
io sto lì a guardarmelo con un forte desiderio di varcarlo e fare un giro lì dentro attorno a me stessa, con la fronte verso l’alto, gli occhi al cielo e le labbra appena dischiuse.
ci passiamo accanto, dalla strada, e la casa sembra non avere mai fine: lunga, larga, lunga.
- oddio, detesto quest’odore!
- quale odore?
- l’odore pungente dei cipressi.
- e qual è l’odore dei cipressi?
- è quello che sentii una mattina, mentre giocavo in giro per il paese. all’improvviso arrivò una tizia e mi gridò: “tuo padre è morto! torna a casa, tuo padre è morto!”
restiamo in silenzio.
i nostri passi un po' esitanti rallentano.
penso ed ecco che sento per la prima volta il cipresso fin dentro le narici e un brivido acre di malinconia mi stringe il cuore e mi galoppa per la schiena.
penso ed ecco che sento per la prima volta il cipresso fin dentro le narici e un brivido acre di malinconia mi stringe il cuore e mi galoppa per la schiena.
lei china il capo, ma poi si gira sorridendo:
- ahi, quanto l’ignoranza della gente supera l’immaginazione... non lo dimenticherò mai quel momento, avevo solo nove anni. quel maledetto odore di cipresso mi ha sempre fatto schifo e ora che lo risento mi fa vomitare.
un pezzo di vita sua mi scorre fulmineo davanti agl’occhi.
il sole è alto, sudiamo, la mano mia prende e stringe teneramente la sua, che resta un po’ chiusa e debole.
la trattengo stretta ancora e le sorrido.
la trattengo stretta ancora e le sorrido.
lei mi guarda e mi sorride luminosa.
ci fermiamo proprio davanti a quel cancello.
m'affaccio dentro e resto immobile per la meraviglia, mentre lei esita dolcemente e si ferma un passo dietro di me.
m'affaccio dentro e resto immobile per la meraviglia, mentre lei esita dolcemente e si ferma un passo dietro di me.
ancora una volta le abbraccio la mano destra, un po’ più decisa, e sorrido, più forte.
lei pure.
- sentiamolo insieme, io non l’ho mai sentito prima d’ora.
- meglio così…
- da oggi quello del cipresso sarà l’odore di una scoperta, mamma.
- va bene.
bi
["così come i fiori attendono le loro more", foto scattata in abruzzo]
Molto bello ;)
RispondiEliminaPS: il codice di sicurezza da inserire oggi per questo commento è stato 'Ti beffo'. Da decifrare.
fichissimo!
Eliminalove! :D