È difficile ricominciare a scrivere
dopo mesi di assenza, di silenzi, di un'urgenza che ho dovuto negare
a me stessa. E ritrovarmi che non mi esce la voce, che ho paura, che
cammino qui in punta di piedi...in questo luogo che la mia anima
affine Bi, ha meravigliosamente tenuto in piedi con tutta la sua
sensibilità e bellezza e con tutto il suo talento. è grazie a lei
che questo luogo-non luogo è rimasto vivo, ed è una voce ancora
così piena e vitale. Grazie mia adorata.
Dicevo che ritorno qui in punta di
piedi...sommessamente ricomincio a scrivere qualche parola, che si
trascina dietro come un inestricabile filo, quello della mia vita in
questi ultimi mesi, un filo aggrovigliato un po' su se stesso, che ha
creato una matassa colma di emozioni, le più disparate.
Comincio a sgrovigliare questo filo oggi,
dopo giorni di riflessione scaturiti da una pausa lavorativa, presa
a causa di problemi di salute. Nulla di grave. Una schiena mal concia
che non regge più il peso di una vita che non somiglia più a me.
Mi sento fuori forma e sopratutto fuori
allenamento nello scrivere, ma da qualche parte bisogna pur
ricominciare ed io ricomincio da qui.
Forse scricchioleranno un po' queste
parole, come un vecchio ingranaggio che dopo molto tempo deve
ricominciare a funzionare velocemente, ma così è e così sia.
Molto tempo fa il mio grande amore mi
ha regalato un disco, “L'Arca” di Vinicius De Moraes
dicendomi che questo disco potrebbe
salvare l'umanità se lo avesse ogni bambino.
Come sempre accade a chi cerca segnali
importanti in un momento di riflessione e crisi, questi segnali
puntualmente arrivano, in un momento inaspettato.
Qualche sera fa si cantava fra amici
e lui ha introdotto una canzone di questo album, così mi sono
ricordata.
Ed ho ricordato forte, forte che fa
quasi male, una canzone che quando poi ho riascoltato mi ha fatto
sgorgare un pianto profondo che proveniva dalle viscere.
La canzone è questa, ve lo metto qui,
se volete. E sarebbe bello che tutti poteste ascoltare questo disco e
magari regalarlo ad ogni bambino che incontrate, oltre a quello che è
dentro ognuno di noi e che cerca ancora nutrimento.
“Pappagallo
brasiliano
il brasile e' ormai lontano
tu che libero sei nato
te ne sei dimenticato
tu che libero sei nato
te lo sei dimenticato
parli forte e pensi piano
pappagallo brasiliano
te lo sei dimenticato
parli forte e pensi piano
pappagallo brasiliano.”
il brasile e' ormai lontano
tu che libero sei nato
te ne sei dimenticato
tu che libero sei nato
te lo sei dimenticato
parli forte e pensi piano
pappagallo brasiliano
te lo sei dimenticato
parli forte e pensi piano
pappagallo brasiliano.”
Questa
filastrocca gentile, cantata dalla voce dell'indimenticabile Sergio
Endrigo, una voce così lieta e soave, di una sensibilità altra e
perduta, mi ha fatto individuare il centro esatto della ferita. Non
voglio dimenticare il “paese” da cui vengo, e non voglio
dimenticare che sono nata libera.
Che
sia un monito, che sia il mio nuovo mantra.
Che
non esista più nessun nuovo e orripilante colonialismo
dell'anima, che con una scusa qualunque, travestita da sogno, mi
imbavagli l'anima, mi faccia perdere il senso e il centro.
E
così sia.
Di.
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