lunedì 9 luglio 2012

"Tu che libero sei nato te lo sei dimenticato..."


È difficile ricominciare a scrivere dopo mesi di assenza, di silenzi, di un'urgenza che ho dovuto negare a me stessa. E ritrovarmi che non mi esce la voce, che ho paura, che cammino qui in punta di piedi...in questo luogo che la mia anima affine Bi, ha meravigliosamente tenuto in piedi con tutta la sua sensibilità e bellezza e con tutto il suo talento. è grazie a lei che questo luogo-non luogo è rimasto vivo, ed è una voce ancora così piena e vitale. Grazie mia adorata.


Dicevo che ritorno qui in punta di piedi...sommessamente ricomincio a scrivere qualche parola, che si trascina dietro come un inestricabile filo, quello della mia vita in questi ultimi mesi, un filo aggrovigliato un po' su se stesso, che ha creato una matassa colma di emozioni, le più disparate.
Comincio a sgrovigliare questo filo oggi, dopo giorni di riflessione scaturiti da una pausa lavorativa, presa a causa di problemi di salute. Nulla di grave. Una schiena mal concia che non regge più il peso di una vita che non somiglia più a me.
Mi sento fuori forma e sopratutto fuori allenamento nello scrivere, ma da qualche parte bisogna pur ricominciare ed io ricomincio da qui.
Forse scricchioleranno un po' queste parole, come un vecchio ingranaggio che dopo molto tempo deve ricominciare a funzionare velocemente, ma così è e così sia.


Molto tempo fa il mio grande amore mi ha regalato un disco, “L'Arca” di Vinicius De Moraes
dicendomi che questo disco potrebbe salvare l'umanità se lo avesse ogni bambino.
Come sempre accade a chi cerca segnali importanti in un momento di riflessione e crisi, questi segnali puntualmente arrivano, in un momento inaspettato.
Qualche sera fa si cantava fra amici e lui ha introdotto una canzone di questo album, così mi sono ricordata.
Ed ho ricordato forte, forte che fa quasi male, una canzone che quando poi ho riascoltato mi ha fatto sgorgare un pianto profondo che proveniva dalle viscere.

La canzone è questa, ve lo metto qui, se volete. E sarebbe bello che tutti poteste ascoltare questo disco e magari regalarlo ad ogni bambino che incontrate, oltre a quello che è dentro ognuno di noi e che cerca ancora nutrimento.



Pappagallo brasiliano
il brasile e' ormai lontano
tu che libero sei nato
te ne sei dimenticato
tu che libero sei nato
te lo sei dimenticato
parli forte e pensi piano
pappagallo brasiliano
te lo sei dimenticato
parli forte e pensi piano
pappagallo brasiliano.”

Questa filastrocca gentile, cantata dalla voce dell'indimenticabile Sergio Endrigo, una voce così lieta e soave, di una sensibilità altra e perduta, mi ha fatto individuare il centro esatto della ferita. Non voglio dimenticare il “paese” da cui vengo, e non voglio dimenticare che sono nata libera.
Che sia un monito, che sia il mio nuovo mantra.
Che non esista più nessun nuovo e orripilante colonialismo dell'anima, che con una scusa qualunque, travestita da sogno, mi imbavagli l'anima, mi faccia perdere il senso e il centro.
E così sia.

Di.



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