sabato 11 febbraio 2012

“Chi ama basta a stesso ed è fulcro perché l’altro possa elevarsi, non ha bisogno di nient’altro per divenire.”







“Allora Stefania tra i colori primari neutri e secondari quali preferisci?”
“Il primo colore che mi viene in mente è il blu. È il blu etereo che è fuori, è cielo ed è ovunque. È una sorta di “calma di tutto” dove ritorno e da dove parto.
Quando dipingo, se utilizzo il blu, allora tutto diventa blu… esso deve essere, in qualche modo, puro. In genere lavoro con colori che richiamano l’elemento terra, tinte calde che si mescolano e si fondono… Il blu è qualcosa di assoluto, una sorta di accesso verso una dimensione eterea, eppure percepibile e reale.
Poi, tra i colori primari, il rosso: è focalizzato e parte da un punto, viene da dentro ed ha la capacità di bastare a se stesso, non serve altro a supportare la sua esistenza, è una presenza ed anche un avvento, qualcosa che annuncia un divenire certo. Quindi il rosso ha anche una componente dinamica, la capacità di fuoriuscire, di emanare continuamente dalla sua sorgente stabile. Si associa spesso l’amore al rosso… in realtà questo colore ha una componente molto intima… dipende da cosa si intende per amore; per me il rosso è attività, l’emanazione di una energia che, partendo da me si rivolge all’esterno”. Domando se l’amore ha sempre bisogno dell’altro per evidenziarsi nella sua vera essenza, e lei senza troppo rifletterci risponde: “Chi ama basta a stesso ed è fulcro perché l’altro possa elevarsi, non ha bisogno di nient’altro per divenire.”
“…poi il bianco: è, per me, il tutto e il nulla; esso può divenire qualunque cosa o essere la superficie, lo spazio, il luogo dove tutto accade. Il bianco è il luogo delle possibilità. È la fucina della creatività. E’ anche collegato alla purezza, è l’inizio di qualunque cosa, la nascita, la possibilità di ripartire da un punto nuovo dove non c’è rimasta traccia del passato.”
“Ora dimmi quale colore ha la Stefania bambina?” “Il bianco, sicuramente: immagino il bianco della lana, un bianco panna, morbido, dove si affonda, un bianco caldo”.
“E il colore della Stefania adolescente?” “È sempre bianco, un bianco più freddo, luminescente e pieno di riflessi, mi viene in mente la seta e la sua luminosità.”
“E il colore della Stefania adulta e quindi attuale?” “Credo sia sempre lo stesso, un bianco di seta. In realtà non credo di poter dare un colore all’ adolescenza, è un periodo che non riesco a definire con chiarezza… per me è stato un tempo in cui le cose succedevano e non c’era spazio per fermarsi e pensare, la stasi mi produceva una inquietudine profonda , non riuscivo a stare in casa perché avevo la sensazione di essere enorme e gli ambienti che mi circondavano troppo piccoli per contenermi: andavo a studiare all’aperto, sulle panchine, anche d’inverno…
Quando penso alle tre età della donna, o alla donna in se, mi viene spontaneo pensare ad un segreto, qualcosa di fondamentale ed eterno che non va svelato nè scoperto, ma custodito e vissuto. Io non potrei definirmi adulta; in questo tempo mi vedo come dentro un flusso, che credo sia la vita, con tutto ciò che accade, che è accaduto o accadrà. In questo flusso mi piace avvertire la mia presenza, il mio esserci in modo totale. Alla vecchiaia, se esiste, associo il bianco della luce, quella luce che, filtrata da un cristallo, si scinde in tonalità vibranti e rivela che c’è un universo racchiuso in ogni cosa.”
“E cos’è dunque per te la morte Stefania?” "Adesso penso alla morte come l’ultima esperienza, sia sensoriale che emotiva, la penso come un momento tranquillo, nel quale ha inizio un’ evoluzione, forse l’ ultimo viaggio, una sorta di definitiva, totale emanazione. Non penso mai a quello che c’è dopo.”
“Qual è la tua concezione di bellezza?” “La bellezza è riuscire a far coincidere la parte interiore e quella esteriore, non è artificio, è frutto di una volontà… e si fa per amore, di se e degli altri. In pittura credo la bellezza scaturisca dalla coincidenza tra l’immaginare, inteso come ricerca costante nella realtà e dentro di se, e il vedere.”
“La bellezza era Afrodite, Venere madre di Cupido, Eros che, secondo Esiodo, ella generò con Ares, Marte, dio della guerra; qual è il tuo concetto di eros Stefania?” “L’eros è l’energia che emaniamo continuamente ed è riferita a qualunque cosa.
E’ l’amore che si fa realtà e consapevolezza è l’espansione della volontà, della passione”.
“Qual è dunque il tuo concetto di guerra, cioè di Ares?” “Ares per me è il fare, è una furia, è impeto, non contrasto o lotta, né tanto meno guerra è piuttosto la realizzazione di un idea. Ares è la volontà e la passione che agiscono. Quando dipingo Ares è confronto con se stessi e con la materia: terre, colori, acqua, grafite, malta e gesso sono gli elementi e le armi che Ares organizza per dar figura all’immaginario, per creare Bellezza”.
“In definitiva è come se l’artista ogni volta che, consapevolmente o meno, genera bellezza permette ad Ares di amare Venere e di generare ancora Eros?” “Credo sia così”.
“Ma c’è un altro elemento che a questo punto fa riflettere: l’essenza di Psiche, la principessa bellissima che amò Eros; una favola d’amore descritta da Apuleio e immortalata, nel marmo di Carrara, da Antonio Canova. Dov’è Psiche nei tuoi dipinti?” “Psiche è la trasparenza”. Risponde Stefania. In effetti se Psiche è l’interiorità, l’anima che diviene figura eccelsa e Dea per mezzo dell’amore per Eros, nel caso di Orrù la trasparenza rimane spazio immateriale, effimero, ma nelle sue opere si colora e dà equilibrio alle masse opache, pur mantenendo la sua fisionomia eterea.


Per chi, come me, si sente un colore bianco.

Solo attraverso le sue parole e attraverso la visione dei suoi quadri potevo farvi incontrare Stefania Orrù.
Ritrovo molto di me in lei: dal suo modo di vedere l'arte, a quella della donna in tutte le sue fasi di vita, a quella dell'amore.
Ritrovo me, nei volti delle donne dei suoi dipinti, nella rappresentazione dei loro corpi come scrigni sacri.
Ho conosciuto la sua opera attraverso Silvano Agosti, come quasi tutte le cose straordinarie che ho incontrato nella mia vita.
È marchigiana, come tutti i miei avi. E trovo un legame profondo, con la mia terra lontana, che così poco vivo e così tanto mi manca.

Da bambina disegnavo tantissimo, continuamente, forsennatamente. Dicevano che ero brava, attaccavano i miei disegni nelle pareti, a scuola. Ho disegnato fino ai 14 anni, poi ho smesso. Non ho più toccato nulla, né un foglio, né una matita, né un colore. Il tragico passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza mi ha segnato profondamente. È una lunga ferita che ancora mi attraversa. Sognavo di diventare una pittrice e una poetessa, e di vivere in campagna coi miei cavalli.
Ho ripiegato scrivendo. A 12 anni cominciai a scrivere le mie prime poesie. Ma non credo sia la stessa cosa. Le parole non mi appartengono davvero, ed io non appartengo del tutto a loro.
Guardo Stefania e l'ammiro, provo una sorta di benevola invidia, perchè avrei voluto anche io riuscire a comunicare in quella straordinaria lingua dei colori.
Spero di poter vedere una sua mostra presto, spero di poter incontrare il suo sguardo. Spero di poter avere un giorno, i soldi per comprare un suo quadro, o forse no, non saprei quale scegliere...

A questa creatura che con una straordinaria spiritualità sensuale rappresenta il nostro complesso ma bellissimo universo femminile.

Questo è il link del suo sito:  http://www.stefaniaorru.com//

Vi consiglio di vederlo, di leggerlo, di viverlo.

Di.

http://www.stefaniaorru.com//




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