venerdì 30 marzo 2012

verditudine




benvenuti nel verde della verditudine, vi auguro di sentirvi meglio e più a casa vostra, perché io sì.
sentite? c'è più silenzio, si sente un profumo umido e più intenso e viene voglia di sedersi.
natiche sulla terra, schiena poggiata sul tronco della quercia secolare, gamba sinistra piegata e gamba destra distesa.
il verde che ci circonda ci radica molto di più dei fiori viola: quelli avevano un fascino che ammaliava, un odore pungente e germogliato, ma non avevano le radici e sembravano svolazzare qua e là e qui a radica.menti abbiamo invece bisogno di qualcosa che ci risvegli la gravità e ci pianti ben bene sotto la terra.
poi dicono che il trentuno marzo gli hacker di anonymous potrebbero attaccare la rete e quindi radica.menti, che in rete ci vive, deve avere le armi della natura per difendersi. ecco perché lo abbiamo dotato di foglie e di rami e di clorofilla e di terra.
poi domenica è primo aprile e questa cosa del pesce non si capisce proprio: ma il pesce non si compra il martedì e il venerdì, ché lo scaricano fresco? meno male che sarà domenica e ci saremo pure abituati a questa benedetta ora in più di sera, cioè ora in meno di sonno, insomma sì ora differente. comunque il verde diffonde tranquillità e pare ci tranquillizzi pure per il pesce del primo.
poi io desidero sentirmi più vicina alla mia Di, che nel verde ci sta tutto il giorno, e desidero farla sentire ancora leggera al suo ritorno serale a radica.menti.
poi quando ti giri intorno e vedi un panorama così, ti cambia anche la composizione dei succhi gastrici e stai meglio un po' dappertutto, anche con la cervicale e la dermatite (certo che, se hai le allergie primaverili da pollini o robe simili, ti dice un sacco sfiga).
poi la luna è entrata in cancro e ciò significa che siamo nei giorni della foglia con forza discendente (vedete? la foglia), in cui i sentimenti assumono più forza e siamo più introspettivi, sensibili e inquieti. quale miglior incarnazione se non all'interno di un albero o di una pianta, per sentire la clorofilla che ci scorre nelle vene e respirare ancora più a pieni polmoni l'ossigeno?
poi la natura fa molto ecosofia e le foglie anche e questo silenzio che ci circonda pure e ci possiamo sentire individui-parte-nel-tutto. d'altronde, esseri viventi migliori di noi la scelgono come casa, senza storpiarla e lasciandole la sua architettura originaria e senza manco dipingerla.
poi il verde ci avvicina un po' all'infinito, perché secondo me l'infinito è proprio di colore verde, di quel verde che riposa i pensieri e li illumina e li vivifica e li nutre.
anche i sogni sono un po' verdi, anche la pagina della mia agenda alla giornata di oggi, anche le parole gentili, anche i pensieri positivi, anche i broccoli e il panino broccoli e salsiccia, anche i profumi, anche la mia felpa nuova, anche la rughetta, anche la gioia, anche la primavera, anche le montagne, anche l'infinita giovinezza, anche il giallo e il blu insieme sono verdi e il giallo è il sole e il blu è il mare.
e anche questa musica che oggi vi voglio dedicare è verde, mentre nel frattempo auguro a tutti noi che la verditudine diventi la nostra nuova buona abitudine.

bi




[antonio vivaldi, da "le quattro stagioni": la primavera]

giovedì 29 marzo 2012

la corona

- una corona, per favore.
nel frattempo si arrampicava goffa su un alto sgabello impagliato di legno bianco.
- ce lo vuoi il limone?
le chiese, sorridendo.
lo guardò sorpresa, con quel ché negli occhi che esprimeva un velo di malinconia e che sembrò sospenderli in quell'attimo.
- ma no... una corona, una corona vera. voglio sentirmi una regina.
i suoni intorno a loro erano alti e la frastornavano, mentre lui non sembrava neanche accorgersi della musica. erano avvolti dal tepore di una sera di giugno, in quel posto un po' surreale e distante dalla consuetudine.
erano in riva al mare, con il rumore garbato delle onde sulla riva, lo scricchiolio della ghiaia sotto i piedi, una brezza leggera sulla loro pelle dorata e baciata dall'inizio dell'estate.
quella risposta li mise in attesa.
la osservò un po’ incerto, ammiccando una risposta rimasta chiusa tra le sue labbra, lì, in sospeso, mentre un fragile sorriso intermittente gli restò in viso.
- una corona vera… vorrei sentirmi una regina.
ripeté debole, con un tono un po' così, come per rassicurarlo di non aver capito male.
dunque era così, aveva sentito bene. e si sentì immediatamente fuori posto. in un attimo si sentì smarrito. cominciò a guardarsi intorno e gli parve che la folla di prima fosse meno folla, che la melodia della musica fosse rallentata, che i suoni fossero meno potenti, che il buio fosse meno scuro, che la luce della sera fosse più accesa.
un leggero e più fresco vento li avvolse, come ad unirli laddove poche parole sembravano averli separati.
lei lo guardò con tenerezza, eppure con un alone di malinconia, ora più evidente. lui sentì quegli occhi tristi e lucidi e luminosi catturarlo e non ce la fece a parlare.
si volse a sinistra, farfugliò qualcosa nell'orecchio del ragazzo accanto a lui e uscì fuori dal bancone che li separava. era un po' spettinato, un po' lento ed esitante nelle movenze, sembrava spostarsi come per forza di attrazione.
giunse davanti a lei, ancora seduta sull'alto sgabello impagliato di legno bianco.
la guardò con dolcezza ed indugiò davanti a quegli occhi un po' castani e un po' no, nei quali gli sembrava di scorgere un grande campo di grano selvaggio e profumato di terra.

le prese la mano sinistra, lei gliela pose sulla sua destra. scese leggera dallo sgabello, sfiorò con i suoi piedi quasi nudi la ghiaia come se non avesse gravità, alzò gli occhi su di lui e si guardarono senza ancora parlare.
lui la portò via da lì, le loro mani strette l'una all'altra, mentre si portavano sottili verso la riva del mare, senza perdere i suoni della musica che li lisciava.
sembrava non esserci più nessuno lì intorno: solo lei, lui e le mani di lui che ora la avvolsero e la fecero danzare in tondo. piano. la sua veste leggera sembrava danzare con lei.
la guardò: ora lce l'aveva lì vicino. la vide sorridere, con gli occhi aperti tutti su di lui. le spostò brevi ciocche di capelli dal viso luminoso e le carezzò con delicatezza la testa.
ed una splendida corona scintillante le si disegnò sul capo.


bi



[opera di marc chagall]

mercoledì 28 marzo 2012

Culo dritto

  
ai miei nipoti...e a quella "me" che era ed è ancora un pò così...











Ma come vorrei avere i tuoi occhi, spalancati sul mondo come carte assorbenti
e le tue risate pulite e piene, quasi senza rimorsi o pentimenti,
ma come vorrei avere da guardare ancora tutto come i libri da sfogliare
e avere ancora tutto, o quasi tutto, da provare...

Culodritto, che vai via sicura, trasformando dal vivo cromosomi corsari
di longobardi, di celti e romani dell' antica pianura, di montanari,
reginetta dei telecomandi, di gnosi assolute che asserisci e domandi,
di sospetto e di fede nel mondo curioso dei grandi,

anche se non avrai le mie risse terrose di campi, cortile e di strade
e non saprai che sapore ha il sapore dell' uva rubato a un filare,
presto ti accorgerai com'è facile farsi un' inutile software di scienza
e vedrai che confuso problema è adoprare la propria esperienza...
Culodritto, cosa vuoi che ti dica? Solo che costa sempre fatica
e che il vivere è sempre quello, ma è storia antica, Culodritto...

dammi ancora la mano, anche se quello stringerla è solo un pretesto
per sentire quella tua fiducia totale che nessuno mi ha dato o mi ha mai chiesto;
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto...
vola, vola tu, dov' io vorrei volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare..


Francesco Guccini





Di.

il pranzo per farle conoscere

premesso che invece io la conoscevo già, a colazione, davanti ai nostri due cappuccini modificati.
ma in effetti a pranzo proprio ancora no, ma l'idea c'era da un po'.
quindi ci vediamo all'una, con il sole alto, il venticello del ventisette marzo (sì, ancora lui), senza giacconi giacche e giacchetti che è bellissimo e con l'unica (mia) clausola della carrozza che si trasforma in zucca e senza più principe alle due meno dieci.
- un tavolo per tre, grazie. in quell'angolo lì.
quello buio e nascosto, penso, non perché senza luce, ma perché in penombra, diciamo.
e neanche troppo in mezzo ai piedi e con i piedi degli altri in mezzo, soprattutto.
intanto in due ordiniamo, mentre aspettiamo la terza.
lei, the starring. quella del pranzo per farle conoscere.
- dunque, io prendo un primo (e come ti sbagli): fusilli con gamberi e pachino. e anche parmigiano.
(si, lo so, la tradizione italiana non vuole il cacio sul pesce, ma secondo voi a me importa poi qualcosa della tradizione italiana?)
- io invece prendo un'insalata... come ci sono le insalate? perché io la voglio solo verde. senza radicchio, dico. anzi, solo lattuga per la precisione. e poi che ci posso mettere di altro? perché la vorrei semplice, con poca roba. me la puoi fare solo con mais, pomodori e insalata? però l'insalata solo verde, cioè senza i pezzi ricci. e senza radicchio. però con un po' di tonno, ma senza carciofini. e la mozzarella? ma sì, mettici la mozzarella, va'. però mi raccomando, solo verde. ah, no! solo lattuga!
lo so. scusatela. lei è dei pesci. ci mette tutte le volte lo stesso quarto d'ora, non per scegliere cosa mangiare, ma solo per addobbare la sua insalatona.
perché lei la addobba come quando a natale fa quei suoi alberi pieni di oggetti misteriosi, che palle non sono e strenne nemmeno, e ci mette intorno le piume. piume, avete letto bene.
che vi devo dire, lei è così. e io la amo tanto.
comunque la ragazza che ci serviva al tavolo non ha mosso nemmeno un sopracciglio, l'ha ascoltata senza neanche fare una boccaccia! una santa, ecco.
nel frattempo arriva lei, la terza, the starring, colei del pranzo per farle conoscere.
una fantastica scorpione mora, tutta friccicosa, più che sorridente, con la terminazione laterale delle labbra fino alle orecchie, occhi luminosi, svelta e veloce e decide subito la sua pasta di paccheri al pomodoro, senza fare tutto il cinema dell'insalatona.
(ecco perché sono così amiche, penso, una che sta per aria e una no).
l'insalata, tra l'altro, alla fine è arrivata così: verdesololattuga, tonno, carciofini, pomodori e mi pare basta.
(pare le sia andata pure bene, perché secondo me si era dimenticata quello che aveva escluso ed incluso).
mangiamo tutte e tre, tre tipe che per farle stare zitte devi stordirle e manco è detto che riesci a farle tacere.
parliamo a turno, un po' sovrapposte, un po' accavallate e un po' no, a due, a tre, una singola...
esce fuori di tutto in meno di quarantacinque minuti, com'era ovvio che fosse.
di correre la mattina alle sette (roba da pazzi, che io proprio no), delle feste dei bambini ai gonfiabili (sì, quelle robe da suicidio di massa delle mamme e delle amiche delle mamme e da salasso del conto corrente), di lavoro ma poco, dei gemelli ascendente leone, degli scorpioni uomini e donne, dei pesci che scodano e chiedono insalate da nobel, di maghe e streghette bianche e di altre cose che non vi posso proprio raccontare, perché segretissime.
segrete come il contenuto delle borse delle donne, in cui un uomo crede di trovare un portafogli, un'agenda scritta bene e in penna blu, un cellulare, le chiavi di casa, quelle della macchina ed i fazzoletti di carta, quando invece escono fuori le peggio corbellerie e magie, compresi bianconigli, stregatti e mappe segrete.
occhei, abbiamo fatto il primo pranzo, il pranzo per farle conoscere, e me ne sono andata felice, sazia ma con ancora qualcosa da terminare. o iniziare, chi può saperlo.
d'altronde, io adoro gli inizi, quelli che non sai come ti baci, che sapore hai, di quante pagine sei, come finirai, come litigherai, eccetera.
(non capite male, non devo baciarla... seguite il filo dei voli pindarici, intendo).
gli esordi sono decisamente più belli delle cose che finiscono, con quelle loro farfalle nello stomaco che volano e fanno casino e il fatto che siano ancora un po' acerbi e verde chiaro.
dunque, facciamo che questo pranzo dia inizio ad un esordio. e poi vedremo.
intanto si può già pensare ad una cena.
senza insalatone, percarità.

bi

martedì 27 marzo 2012

luna e l'altra

benvenuti alla quasi fine del mese di marzo duemiladodici.
stiamo lentamente abbandonando le nostre considerazioni invernali, quelle che l'inverno fosse stato particolarmente freddo e lungo e piovoso, che la neve ci avesse fatto soccombere per un po' lasciandoci addirittura senza macchina per ben due weekendS, che gennaio ci stesse sotterrando sotto cumuli di ghiaccio e vento e buio e durasse pure trentuno giorni - mica cavoli, che due navi da crociera k.o. avessero fatto vacillare il nostro sogno d'amore d'alto mare mentre già ci stavamo immaginando di baciare le coste della terraferma al chiaro di luna che fa romanticismo denoantri, che una rondine non facesse primavera e invece la primavera è arrivata prima delle rondini e non ci sono più le rondini di una volta, che natale con i tuoi e pasqua che sta per arrivare con chi vuoi. 
ORbene (quindi ORmeglio), siamo giunti al giorno ventisette di marzo e abbiamo altro a cui pensare, mentre ci affacciamo in finestra e ammiriamo il primosole di primavera (primosole tutt'attaccato come il primosale).
abbiamo dormito un'ora in meno domenica mattina, che so' problemi forti, e ciò ha influito sul nostro delicato equilibrio psicofisico e sul nostro fragile bioritmo, manco avessimo zappato la terra per ventiquattr'ore il sabato prima. sì perché nella pratica non abbiamo potuto dire "sono le due e mezzo di domenica venticinque", perché un'ora ce l'hanno tolta! rubata! segata! però ieri sera alle sette eravano tutti in giro, perché era ancora giorno ed eravamo felici.
poi è tornata l'ora legale e c'hanno catapultati nel mondo dei morti viventi come solo un jet-leg di dodic'ore sarebbe capace di fare e invece è solo una (di ora). è che siamo anime fragili e pure solo un'ora ci fa rivoltare vorticosamente l'umore e ci droga e ci fa dire che il fuso orario subìto ci scatena delle reazioni inconscie molto pericolose e pensiamo tutto ad un tratto di essere pericolosi sul serio (lo so, non si chiama fuso orario, ma a me piace così).
poi ieri è stata la giornata-della-lentezza, perché lo ha deciso uno che vorrei avere il privilegio di conoscere, giusto per perdermi pochi minuti nel vuoto della sua mente (che ogni tanto fa bene) ed io, che sono permalosa, mi sono offesa, perché il lunedì lo abbiamo proclamato noi di radica.menti come la giornata-mondiale-del-cinismo e il mondo ieri non l'ha potuto celebrare e va a finire che oggi siamo tutti dei cinici repressi e narcisi.
poi la benzina costa quasi due euro e mi ricordo quando imprecavo e ne costava un euro e quaranta, quindi al giorno d'oggi passo ad imprecazioni ben peggiori, di quelle che potrebbero causare l'esplosione del distributore (e la colpa è dello stato italiano e delle accise che gravano sul prezzo e del fatto che nessuno si ferma a sputare davanti a chi esce dal palazzo di montecitorio, signori miei). e, mentre impreco, il benzinaio mi guarda e si sorprende e si accorge che non sono un camionista e che ho invece un'utilitaria vecchia e d'esperienza e sarei anche una femminuccia alle prime battute un po' garbata ma poi basta. comunque per la prima volta l'italia è prima in qualcosa da quando è finito il rinascimento.
poi la gente muore in afghanistan nelle missioni di pace della nato e io penso, nell'ordine: che muore perché sta in guerra e non esistono missioni di pace dove ci si spara e ci si tira bombe, che quelli contro i contingenti della nato non sono manco per niente attacchi terroristici, perché quelli si difendono dal nostro colonialismo violento, perché stiamo tutti là (noi della nato) e non è casa nostra, ma ci interessa solo il petrolio (cioè interessa agli usa e noi facciamo solo pippa) e intanto lì ci muoriamo, però poi tutti ci piangono come ieri che piangeva addirittura emilio fede. insomma, giochiamo a risiko e i mass media non ce lo dicono.
eppure secondo me uno straccio di soluzione a tutti questi drammi apocalittici possiamo trovarla.
io per esempio mi sono comprata finalmente le ballerine colorate di cui vi avevo parlato e le ho prese rosse e mi sembra di ballare mentre cammino proprio come volevo e rosse sono bellissime e pure contro gli sguardi della gente maligna.
poi ho messo in borsa le chiavi della casa in abruzzo, perché così, ogni volta che salgo in macchina, ho come la sensazione di prendere l'autostrada e andarci sul serio e aprire le finestre di casa e far entrare il sole che le gira tutt'intorno tutto il giorno e vedere se l'orto è ancora vivo (ma lui sì che è vivo, non gliene importa nulla dell'ora legale).
poi ieri sera sono uscita in balcone senza il piumino invernale e si stava benissimo e c'era una luna pazzesca davanti a me insieme a giove e venere che ancora sono visibilissimi a occhio nudo e mi è preso un colpo.
poi siamo nel momento della luna crescente che è sinonimo di crescita (appunto) e le nostre energie fisiche hanno una forza centripeta e più introiettiva ed è un periodo buono per fare progetti e prendere iniziative e socializzare e comunicare e tutto questo accade nel periodo della luna umida.
insomma, non tutti i mari ci travolgono per nuocere, basta vedere le cose in modo leggermente differente dal solito e ricordarci di stirarci ben bene appena svegli e scrivere "luna e l'altra" proprio perché pensiamo alla bellezza della luna e dedicarle anche una poesia, tipo questa di gabriele d'annunzio: 

"nascente luna, in cielo esigua
come il sopracciglio della giovinetta"
gabriele d'annunzio, da alcyone


poi ventisette è per qualcuno pure giorno di paga, no?
bene, ridiamo e spalanchiamo le finestre.

bi




[immagne tratta da http://www.hub09.it/]

lunedì 26 marzo 2012

io e giulia

esco come tutte le mattine, senza sveglia e con il sole già alto.
io, la mia musica che preme nelle orecchie e le mie montagne da contorno.
giro a destra e comincia la lunga salita, subito erta, poi un po' più dolce, poi di nuovo ripida.
mi guardo intorno, non cammino e basta, ché se non ti accorgi dove sei e chi incontri e cosa calpesti ti perdi l'essenziale.
non si tratta di allenamento per il corpo, per me è più un esercizio per l'anima e un pieno infinito di luce, forza, magia.
salgo, la musica spinge di più, la pressione sale mentre da mille metri sto salendo a millecento, o forse milledue.
a sinistra mi accompagna la costa verde, una collina come una cornice a mezzaluna piena di vita e di verde e di colori.
a destra regna lui, il maestro di vita.
è alto duemilaquattrocentottantasette metri e veglia su di me. e non solo.
lui c'è da sempre ed io lo venero e lui mi ricambia con un'energia profonda e fatta di riflessi e di odori che non se ne vanno mai e io lo guardo e resto incantata e lui pure mi guarda e so che mi vede e allora mentre salgo mi volto a destra mille volte e lui è sempre lì.
prima frontale, poi di profilo, mentre io avanzo e salgo ancora.
sono già trascorsi venti o trenta minuti, non controllo mai l'ora, quando ad un tratto finisce la salita.
lo aspetto con quel ché al centro del petto quel momento, non solo perché la salita mi lascia e mi accoglie un grande campo in pianura, che comunque mi fa rifiatare.
è l'attesa dello spettacolo che si presenta ai miei occhi che mi eccita e, mentre salgo a fatica sull'ultimo tratto, le mie tempie pulsano ed il mio corpo trasuda sforzo ed emozione.
finché la pianura si apre, vasta e ariosa e ventosa e verde o gialla o ocra, asseconda della stagione.
cammino più veloce e sciolgo i muscoli delle gambe, mentre un lungo brivido ancestrale mi corre lungo il collo e tutta la schiena e le gambe e si scarica in quel punto.
un brivido di emozione, misto a qualcosa che non capisco mai, ma che mi lascia senza fiato per la bellezza.
passo davanti alla tomba di mosè marini e tutte le volte mi fermo.
non è una tomba vera e propria, ma un masso con una scritta che lo ricorda, perché lui lì nel milleottocentonovantacinque è caduto da cavallo ed è morto.
e penso ogni volta che io e mosè marini abbiamo dei legami strani e ci incontriamo sorprendentemente da quando avevo tredic'anni e lì ci passavo proprio a cavallo.
e ci sono caduta anch'io, piantandomi sopra a un cardo.
lo saluto e proseguo oltre.
un altro brivido mi arriva. sempre nella stessa curva, quella che facevo galoppando in senso contrario, e respiro meno affannosamente e soprattutto mi respiro quelle sensazioni di paradiso.
quella mattina incontro lei. è con il suo bastone, il suo passo lento, il suo fazzoletto a coprire la testa dal caldo, perché è agosto e sono tipo le dieci e il caldo a millecento metri arde.
in montagna ci si saluta sempre, è una consuetudine, ed io la saluto. ma mi fermo, perché sì.
ogni volta che passo lì mi fermo sempre e quel giorno lì c'è lei, quindi mi fermo per due motivi.
- buongiorno, le dico.
- buongiorno, mi dice un po' sorpresa. - è troppo caldo per andare a correre, cara, non crede?
- dice? anche per lei è caldo, cosa ci fa qui sopra?
una donna bella e piuttosto avanti con l'età, elegante, leggiadra e raffinata.
- ci vengo quasi tutti i giorni, passeggio e cerco le more per la mia marmellata.
- anch'io salgo tutti i giorni, vengo da lì dietro (indicandole la salita appena fatta).
- eppure non ti ho mai visto: chi sono i tuoi parenti in paese?
- io sono la figlia di luciana di annina.
- oh... ma davvero? che carissima donna tua madre, così dolce così attenta, la conosco da quando è piccola! e anche tua nonna conoscevo e tua zia e tuo zio... ora che me lo dici vi somigliate moltissimo, in effetti. è davvero un piacere conoscerti.
me lo dice con affetto, lasciando la formalità del "lei", nonostante sia il nostro primo incontro, ma lì è così: è come se ci si conoscesse bene fin dalle prime battute, basta un cenno alle proprie radici.
- è un piacere molto grande anche per me, porterò i tuoi saluti a mia madre (a questo punto anch'io le rivolgo un "tu" più consono alla confidenza che si è creata).
- certamente! dille che la saluta moltissimo giulia e che ha una figlia incantevole.
- grazie, giulia! sono davvero felice di averti incontrato, un bell'incontro... (le stringo la mano destra tra le mie) io sono barbara. ti auguro una splendida giornata.
- buona giornata a te, cara.
e mi posa le sue sottili ed energiche mani sulle spalle e mi bacia due volte e mi abbraccia e mi lascia senza parole e con un senso di appartenenza e di serenità interiore molto grande e mi sembra di conoscerla da prima e penso che non può essere la prima volta che la incontro e che i miei brividi me lo dicevano da tempo che l'avrei incontrata e ce ne andiamo sorridenti tutt'e due.
l'ho incontrata altre volte in paese da quel giorno e lo stesso senso di felicità mi ha pervaso e anche a lei.
quando sono lì, esco tutti i giorni per il mio solito giro in montagna.
sempre senza sveglia e con il sole già alto.
sempre io, la mia musica che preme nelle orecchie e le mie montagne da contorno.
poi passo lì ed il brivido che conosco mi ripercorre ancora la schiena.
ma da allora penso anche a giulia, alla sua dolcezza, al suo abbraccio e al fatto che non vedo l'ora di incontrarla ancora. e ancora.

bi




venerdì 23 marzo 2012

pronoia is the antidote for paranoia

ci sono delle cose che mi aspettano e me ne accorgo solo ora.
è che sono sopravvissuta a giorni di immersione in totale assenza di aria in alcuni documenti di cui vi parlavo giorni fa.
quelli che si scrivono con minuscole e maiuscole, grassetti e no, che ti fanno dormire e fare incubi con gli zombie, tutti neri su sfondo bianco, in arial undici, giustificato e altre paranoie e malattie simili.
cinque lunghissimi interminabili giorni da almeno nove ore lavorative ciascuno sulla stessa roba riscaldata e ammuffita per un totale di trecentoventitré pagine (che senza virgole rende meglio l'idea).
come se avessi scritto un libro, oppure una tesi di laurea quinquennale o specialistica, e invece no!
nel frattempo, sono successe un sacco di cose: la mia macchina ha compiuto duecentosessantunomila chilometri (mentre continuo a non avere voglia di scrivere i numeri a numero), se mi affaccio dalla finestra non vedo l'orto, non capisco che temperatura faccia fuori perché qui (nell'acquario) me la impostano e non sono la primavera e il sole ad avere il telecomando dello split (si scrive split?), le mie micie si staranno chiedendo se la mia dolcissima vicina di casa abruzzese sia definitivamente diventata la loro nuova mamma e invece assolutamente no!, mia (la mia cavalla) mi ringrazia perché mangia un fieno buonissimo ma vorrebbe una mia foto perché non si ricorda che faccia io abbia e teme di salutare una mamma sbagliata, vedo tutti i giorni un tizio che parcheggia in doppia fila per prendere il caffè al bar manco debba tenersi pronto a scappare in caso di terremoto (il posto in prima fila è libero e non si paga), il bosco di aceri sarà diventato ancora più abitato, sono talmente stanca che sono meno attraente di una mosca, vedo roba a terra e la osservo senza stupore alcuno e non la raccolgo.
potrei continuare, ma avreste poi le prove schiaccianti che sono sadica. non sono sadica, vorrei solo occuparmi di altro.
tipo: della natura, masticare chewingum, riflettere sui contrari e non sui sinonimi, dubitare, difendere i diritti umani, fare la rivoluzione non violenta o sì (dipende dai casi), parlare del relativismo culturale, coltivare la mia utopia e innaffiarla quanto basta, vivere nel pluralismo, polemizzare quanto mi pare (ma mi sa che questo lo faccio, non mi ricordo più), urlare dalla finestra appena sveglia che sono una claustrofobica del mondo, concettualizzare, dormire con uno sciamano, camminare in montagna, difendere le minoranze, lanciare sassi con la fionda ai razzisti, lanciare sassi dal cavalcavia ai suv e alle auto blu, dormire almeno otto ore ogni sedici.
è pure venerdì ventitré e, se mi dice ventitré, si avvereranno tutti i miei desideri.
nel frattempo, mi sono letta il mio oroscopo scritto da rob brezsny e lo amo sempre di più.
avrò i superpoteri e potrò far capire a tutto il mondo che il grigio esiste e dire a chi non lo vede che non è solo daltonico. e pure che la violenza ha mille volti e che chi non li vede non è soltanto cieco.
occhei, vi lascio con una bella frase del genio brezsny e vi auguro di appozzangherarvi presto sulla vostra poltrona preferita e di respirare quanto prima a pieni polmoni il vostro weekend e mettere l'orologio un'ora avanti.

au revoir, bi

"pronoia is the antidote for paranoia.
it's the understanding that the universe is fundamentally friendly.
it's a mode of training your senses and intellect
so you're able to perceive the fact that life always gives you exactly what you need,
exactly when you need it"

rob brezsny


giovedì 22 marzo 2012

vedi cara

vedi cara,
a volte alcune cose è bene dirsele standocene in contumacia l'una rispetto all'altra, cosicché possiamo immaginarci ognuna a proprio piacimento e avere ciascuna i propri tempi.
scrivendoti, io posso scegliere le parole che preferisco e regalartele, mentre ascolto una melodia che mi riporti a te e annuso un incenso di quelli che ti piacciono tanto.
leggendomi, tu puoi scartarle una ad una, assaporarle nell'ordine che desideri e scegliere poi il luogo migliore per riporle e custodirle, andandole a rispolverare quando ne senti il bisogno.
non è detto che tempi e luoghi debbano coincidere, perché negli anni io e te ci siamo spesso incontrate e ritrovate in posti altri e riconosciute. sempre.
vedi cara,
se ti avessi davanti agli occhi, ti urlerei con tutto il mio corpo che la vita non punisce mai nessuno, perché non è così crudele. che non esiste alcun dio capace di castigarci, come un corpo sa invece fare.
solo un individuo è in grado di infliggere le peggiori delle pene, a se stesso e al prossimo.
è lui ad essere spietato, spregiudicato, maldestro, ignorante perché poco sa e quel che sa lo riferisce a parametri scorretti, presume e lo fa male, si guarda ma non si vede, guarda gli altri ed è convinto di vederli, reputa invisibile ciò che non sa percepire e che eppure esiste. mentre è solo lui a non vederlo.
nessuna vita e nessun dio ti hanno punito, nessuno. né lo faranno mai.
vedi cara,
le cose accadono e a volte ci inondano il corpo di dolori che friggono e lasciano ferite fisiche eterne, e la tua è una di quelle. forse la tua va oltre il corpo e raggiunge i tuoi corpi più sottili per poi arrivare all'anima.
si tratta di qualcosa che conosci solo tu, che sapete solo voi due, e che nessuno può neanche immaginare.
eppure da qualche parte si trova la chiave di volta con la quale sollevarti e osservarti in modo nuovo, pronta per ripartire più forte di prima.
la tua mente può: lei è la tua più giusta e onesta alleata.
rivolgiti a lei, accarezzala, falle uno dei tuoi potenti ed energici massaggi, falle annusare uno dei tuoi olii essenziali profumati, inebriala di dolcezza e dille che l'ami, sopra ogni altro essere.
e lei ti dirà dove ritrovare quello che credi di aver smarrito.
nel frattempo io sarò nei dintorni, seduta sotto una quercia. e pregherò per te. per voi. per lui che c'è ma che non riusciamo più a vedere.

tua bi

mercoledì 21 marzo 2012

l'amore al tempo delle mele

lei è alla festa. cerca solo lui. e invece vede soltanto gente inutile.
entrambi giovani, freschi, con il viso disteso e luminoso, con gli ormoni che saltellano, gli sguardi intensi che si cercano e si trovano, mentre vivono drammi esistenziali dei quali rideranno da adulti, hanno i brufoli ed i chewingum sempre in bocca, scappano di casa, dicono che vanno a dormire dalle amiche e invece no, vivono il tempo delle mele e non lo sanno.
arriva lui. da dietro. le accarezza le orecchie con grandi cuffie da musica. e la porta via con sé.
via da quel caos, da quella musica di tutti, per ballare loro due da soli al suono delle romantiche note della canzone che ci ha fatto ballare (più o meno) tutti ai tempi delle medie.
godetevi la canzone, con aria sognante, credendo di essere ancora lì: al tempo delle mele.




adesso torniamo a noi. disillusi e adulti e pure noiosi e ripetitivi.
pensiamo di aver ballato con il nostro principe azzurro e invece era uno dei tanti rospi che verranno.
(i rospi sono bellissimi! sia chiaro. ma la similitudine di cui parlo è differente).
cioè, da piccole ci hanno fatto credere che da qualche parte esistesse un rospo che stesse aspettando soltanto noi.
al nostro incontro con lui (il rospo) avremmo provato probabilmente un sottile senso di repulsione. sottile, però.
che sarebbe stato sufficiente fare le amorevoli e le compassionevoli affinché il rospo non fosse più rospo... per trasformarsi nel nostro sogno d'amore: il principe azzurro.
(oooh, stupore!)
solo un bacio, al rospo, per farlo tornare ad essere il principe che era.
nel frattempo comunque ricordiamoci che è rospo.
quindi non è che ci dica cose del tipo: ti vuoi mettere con me?, sei bellissima, profumi di paradiso, non vedo l'ora che ti conoscano i miei amici, non vedo l'ora di presentarti ai miei, come sei magra, sei perfetta, ho sempre desiderato una donna come te accanto, hai tagliato i capelli? hai qualcosa di diverso oggi e sei ancora più attraente, questi fiori sono per te, sei meravigliosa: hai preso dei fiori per me!, non ho ricevuto il tuo messaggio di buongiorno e la mia giornata non è iniziata bene come le altre.
e facciamo anche basta.
è un rospo, quindi potrebbe anche essere che: non ci chiami, non ci richiami, non risponda al nostro messaggio, si lamenti con i suoi amici del fatto che appena tornate a casa noi gli abbiamo (carinamente per noi, pateticamente per lui) mandato un messaggio per dirgli che la serata fosse stata molto bella, faccia sesso con la nostra migliore amica, si spilucchi le sopracciglia meglio di come facciamo noi, gli piaccia il proprio odore a tal punto da non volerlo mischiare col nostro, esca con noi solo il martedì, non esca con noi nel weekend, legga in segreto le nostre e-mail, dimentichi di dirci che è sposato, ci dica di essere vegetariano per fare il figo, ci usi come la sua principale fonte di guadagno, parli sempre e solo di sé.
e facciamo anche basta.
ecco, ci vuole una fortissima energia da magolamagamagia per far sì che diventi un principe!
è rospo, non diamo retta a certe fiabe, manco alla bella e la bestia, percarità!
pure lei si è votata a un mostro e con il suo amore e la sua dedizione lo ha trasformato in un essere meraviglioso!
dunque, stropicciamoci un attimo gli occhi e guardiamoci allo specchio, vedendo oltre il nostro riflesso.
facciamo che il rospo resti rospo e si faccia la magomagia da solo e che la bestia resti bestia e trovi una bestia come lui o anche no e noi siamo felici lo stesso. molto felici, soprattutto.
il tempo delle mele è un tempo meraviglioso che torna o forse non torna mai più.
ma una cosa è certa: nessuna di noi necessita di un animale da trasformare in principe.
ma solo di una persona che con gentilezza e con una voce emozionata ci dica:
"torniamo insieme al tempo delle mele?"

bi


Risveglio



Si dipana la nebbia
e la luce si sparge nel solaio
bussa ai nostri sogni bianchi
si sveglia il giorno
 e dai miei occhi s'accende
la fessura del mattino
s'incarna nei tuoi respiri
ti sfiora la luce
poi scivola via
comincia a camminare
tu la segui lievemente
e accompagnandola
girandola di colori
cominci a danzare
 nel giorno






Di.

martedì 20 marzo 2012

proposta del giorno: rompere uno schema

cambierò l'abitudine di fare la doccia la mattina, facendola la sera e preparando il mio corpo ai sogni dell'anima. e lo scriverò.
cambierò il sapore della colazione ogni giorno, non mangiando le stesse cose e scegliendole secondo i sogni che ho fatto durante la notte. e lo scriverò.
cambierò la strada per tornare a casa, non più pensando di evitare il traffico, ma guardandomi intorno per scoprire cosa di differente accade nei diversi percorsi. e lo scriverò.
cambierò il posto delle maglie tra il comò e l'armadio, seguendo una nuova logica un po' più illogica. e lo scriverò.
cambierò le parole che uso, che sono quelle con cui costruisco il mondo che ho intorno, e le sceglierò più leggere e primaverili e color pastello, facendo prevalere il verde. e lo scriverò.
cambierò la parola lamentela e il tono lagnoso che la accompagna e l'atteggiamento odioso che le fa da contorno e la faccia sprezzante che le dà voce, con un'ironia un po' dolce e un po' pungente. e la chiamerò lagnetta-di-tre-secondi. e lo scriverò.
cambierò quello che dico con quello che taccio. e lo scriverò.
cambierò il colore dei miei pigiami, tra i quali prevale il grigio. e lo scriverò.
cambierò le mie abitudini alimentari, mangiando di più e mai di meno. e lo scriverò.
cambierò il mio metabolismo, muovendomi e meditando sul mio corpo, proprio per poter mangiare di più e non di meno. e lo scriverò.
cambierò marcia senza spingere la frizione. e lo scriverò.
cambierò pettinatura, accarezzando di più i miei capelli e facendoli sentire importanti tutti i giorni. e lo scriverò.
cambierò penna per scrivere i miei pensieri sull'agenda e userò anche la penna verde. e lo scriverò.
cambierò il mio silenzio su qualcosa che non mi piace e lo esprimerò con parole gentili. e lo scriverò.
cambierò una smorfia di sdegno in un sorriso sarcastico. e lo scriverò.
e cambierò anche il modo di romperli questi miei schemi.
costruirò uno schema in carta o cartoncino, disegnandolo con una matita grigia e morbida (tipo una 2b) su un supporto bianco.
che sia un po' triste, molto simmetrico e noioso, squadrato come nessuna figura sinuosa e tondeggiante saprebbe essere.
lo prenderò e lo infrangerò, lo romperò, lo strapperò, magari lo brucerò anche, ecco.
perché vorrei vederla e toccarla la trasformazione che deriva dalla rottura.
perché sono certa che non si possa rompere uno schema solo volendolo, pensandolo e agendo secondo una nuova pratica quotidiana.
perché credo che occorra proprio un rito che ne materializzi il cambiamento e che ne sprigioni l'energia, perché voglio respirarla, quell'energia, e toccarla, assaggiarla, osservarla nel suo movimento, ascoltarla.
il cambiamento è vita, coraggio, sperimentazione, freschezza, energia.
è smettere di resistere. e sperimentare l'esistere.

bi


[foto tratta da http://www.hubblog.it/]

lunedì 19 marzo 2012

la giornata mondiale del cinismo

ribattezzerò il lunedì come la giornata mondiale del cinismo.
vanno tanto di moda le giornate-di, in-memoria-del, festa-della, quindi la mia idea è fescion.
sono tutte annuali, mentre questa sarà tipo settimanale, per cui ce ne saranno cinquantadue ogni anno.
avrò (anzi, avremo se vi andrà di celebrare, ma magari sì che vi andrà, basta che "se magna, se beve e se ricevono regali", virgolettato perché è puro dialetto romanesco docg, igt, da leggere usando la voce un tono più bassa) cinquantadue giorni in cui sarà lecito e più o meno universalmente riconosciuto essere cinici.
se non vi piace, potete proporre una giornata alternativa voi da celebrare il lunedì, nel frattempo vince il cinismo uno a zero.
oggi, prima giornata mondiale del cinismo, ho tutta una serie di cose che vanno dalla parte opposta.
per esempio, avverto un irrigidimento al centro delle spalle, sotto la nuca.
ho dovuto mettere la giacca, per essere credibile questa mattina, perché non mi credo da sola, figuriamoci se possono credermi gli altri.
è scura, seria, con le sopracciglie aggrottate (le sue, della giacca, che le mie non si sono ancora svegliate).
sono quasi certa che il dolore sia dovuto proprio alla giacca che mi grava sulle spalle, perché ieri avevo le mie magliette domenicali (più d'una, a strati) e non avevo male a niente (che poi due negazioni dovrebbero non negare più, ma va bene lo stesso).
dicevo... cose che vanno dalla parte opposta.
sì, il condizionatore della stanza dell'ufficio è rotto da più di un mese e oggi lo stanno sostituendo.
no, ma... grazie! perché io nel frattempo in un mese ho aggiunto uno strato di grasso per sopravvivere qui dentro, che manco una foca a marzo ha più.
(nell'acquario, vi ricordate? ma forse no, va bene fa niente).
poi ho un nuovo coinquilino in stanza da lunedì scorso, al quale faccio gli auguri, perché oggi è una settimana che abita con me: "auguri!".
non posso dirvi che idea hanno di lui i miei colleghi che già lo conoscono, perché ho deciso che nella giornata del cinismo non dirò parolacce (due cose sarebbero troppe, cinismo e parolacce insieme, dico).
quindi sembra proprio un tipetto da torturare: benvenuto e buona sopravvivenza!
poi, ieri ho visto un film horror, cosa che non accadeva da svariate vite.
sì, perché io odio i film horror, soprattutto quelli che parlano del mondo invisibile, del male, dei demoni, perché io credo che sia tutto vero, non ci sono santi che reggano.
quindi non metto più la mano ciondolante dal letto mentre dormo, prima di coricarmi guardo se sotto il letto c'è un mostro, controllo che dietro i libri della libreria (nella quale dormo, io dormo dentro una libreria, cosa inquietante lo so) non ci sia una presenza sinistra (e neanche destra, giammai!), mi incappuccio fino al soffocamento senza togliermi completamente tutta l'aria, elimino la porta dai miei pensieri ed elimino tutti quelli che potrebbero oltrepassarla anche senza aprirla...
insomma, è stato un bel pomeriggio tutto sommato, togliendo i cento minuti circa del film, dopo il quale è una grazia che io sia solo cinica oggi.
andiamo avanti. ho dormito soltanto sei ore e ciò implica (come ben sa chi bene mi conosce) che io sia con un piede di qua e un piede di là, senza sapere né dove sia qua, né dove sia là (chi lo sa me lo dica e gliene sarò grata a vita).
il mio sguardo languido vaga per l'iperuranio delle idee (le mie idee, quindi un caos di roba strana) e riflette un'immagine di me molto forma e poco sostanza, ecco perché la giaccia oggi mi serve: parla lei per me, che è meglio.
dovrò lavorare per almeno due giorni su un lunghissimo documento di procedure aziendali, nel quale non potrò filosofeggiare amodomio, scrivere amodomio tutt'attaccato, usare le minuscole al posto delle maiuscole, scrivere un sacco di parole più o meno sensate tra parentesi, parlare con voi (il pubblico al quale è rivolto il documento è triste, lobotomizzato, vicino alla morte e a nessun risveglio), metterci del sentimento.
ciononostante, non mi suiciderò, perché non sono una creatura eletta e il mio cammino in questo mondo è ancora lungo, lo sento.
inoltre, sento anche che oggi difficilmente arriverò al dunque.
scrivendo, intendo dire, difficilmente arriverò ad una conclusione degna di essere chiamata tale, quella che quando la leggete (ovvero alla lettura della quale) potete tirare un sospiro di sollievo e capire che il mio racconto è finito.
sarà un'opera incompleta.
non all'altezza di un'opera (dico "opera" e muovo il braccio destro disegnando un cerchio con la mano partendo dal basso andando verso sinistra poi in alto e ritorno), ma comunque una riflessione incompleta, che permetta alla vostra immaginazione di chiudere gli occhi e crearvi un'immagine di me che festeggia il giorno del cinismo.
ricordatevi allora: festeggeremo cinquantadue volte, per cinquantadue lunedì, fino al diciannove marzo duemilatredici.
e per quel giorno, prometto da ora, potrei cominciare a scrivere i numeri con il simbolo numerico, risparmiandovi una buona dose di energie cognitive (quelle che usate ogni volta per leggere i miei numeri parolifici) per fare altro, a vostro piacimento.
(è decisamente inutile che cerchiate "parolifici" su gugol per controllare se è corretto, perché è un termine assolutamente inventato).

bi

venerdì 16 marzo 2012

perché sì. perché no?


le considerazioni possono diventare azioni, perché è venerdì, perché è ufficialmente metà marzo, perché manca poco alla primavera che è ancora un po' finta, perché sì, perché no?, perché basta scrivere la stessa parola con un trattino e te ne rendi conto: consider-azioni.
queste dunque le mie consider-azioni, che fanno molto dormito-meno-di-sei-ore, ma diciamo che mi sento bene lo stesso, perché ieri ho trascorso una bellissima serata con la mia bruna (anche se mi sono mancate molto sia manu che dany: ieri sera sarebbero state benissimo anche loro con noi).

giovedì gnocchi e brezsny, venerdì converse e parolaccia libera.
i libri noiosi vanno abbandonati, così ho fatto con quello di diritto che si è suicidato (ma è tornato come morto vivente ed è ancora più schifoso di prima).
qual è si scrive senz'apostrofo, perché la parola qual esiste anche se nessuno se ne accorge (poveraccia...).
l'undicesimo comandamento recita "non avrai altro mondo all'infuori di te" e si dissocia dagli altri dieci, che sono obsoleti.
siamo tutti più sani e più belli senza etichetta: che andate in giro con l'etichetta attaccata quando vi comprate un vestito? suvvia!
dimmi con chi vai e ti dirò se arrivi in ritardo con lo zoppo che impara a saltellare lallallerolallallà.
entro domani comprerò la felpa verde con il cappuccio, la maglia bianca con il teschio bianco che fa molto tono-su-tono e il teschio si vede poco, un paio di leggings a zampa anni settanta.
ho messo il vuoto che mi serve per fare spazio al nuovo-che-sta-arrivando in un barattolo per non farlo evaporare, ma mi sono resa conto che nel barattolo il nuovo non c'entra.
quella che vedo allo specchio è una ciambella che mi fa galleggiare: non è ciccia, ma semplicemente una roba utile se no affogo, sia chiaro! (per esempio, i miei capelli così sottili potrebbero insegnarle come si fa ad essere così sottili, no? questo si chiama lavoro in team!).
le questioni di principio non sono utili neanche al cesso, finita la carta igienica. o forse al cesso sì, diciamo che potrebbero far da stimolo, ecco.
l'individualità alimenta i rapporti, l'individualismo li uccide. infatti individualità è femminile, individualismo è maschile (non è che io sia femminista, ma solo più simpatizzante per le donne).
mia sorella è una creatura meravigliosa che amo più di ogni altra persona al mondo e basta.
voglio ascoltare per tutto il giorno "born to die" di lana del rey, senza pensare mai che il titolo sia crepuscolare.
artemide è la mia dea preferita e afrodite non è gelosa per questo.
ho la luna in ariete, ma non è colpa mia.
ho un angelo incantevole e devo rendergli onore.
non ho ancora comprato le ballerine perché no e quando mi deciderò avranno finito il trentasette.
quando rido di me mi sento bella e bene, tipo kalokagathia (aristotele si starà rivoltando nella tomba).
fabio si scrive con una sola b e si dice pure con una b sola (ho usato la proprietà commutativa).
prometto di mangiare meno e meglio e di sforzarmi di continuare a sorridere nonostante questa tragedia.
le citazioni non fanno conoscenza, i libri sì.
mio papà mangia bignè di san giuseppe da più di due settimane e non deve aspettare la festa del papà e neanche ingrassa. io sì (ingrasso).
neanche l'universo è poi così universale, basta citare il multiverso (grazie, davide).
l'eteronomia accresce il personale grado di autonomia ed è un universo affascinante (anzi, no: un multiverso).
da questa mattina ho ingurgitato solo liquidi e infatti non ho ancora sorriso nonostante sia venerdì e tutti dicono che il venerdì si sorrida.
i miei oroscopi degli ultimi sei mesi sono bellissimi, il mio umore anche.
venere e giove allineati tutte le sere davanti alla finestra della mia cucina sono i vicini più vicini e più belli che io possa avere (sempre dopo roberta: lei è una stella, loro no).
scrivo solo con la penna blu, con quella nera non sono mai stata capace.
le chiacchiere stanno a zero per me non vale, credo lo abbiate capito e spero mi amiate lo stesso e nonostante tutto.

bi




[il giallo è molto fescion e sta in tutte le vetrine più scic. sì, in effetti, che ci fa qui?]

mercoledì 14 marzo 2012

la stanza di roberto

le bastava aprire quella porta per sentirsi in paradiso: quattro muri altissimi pieni di alberi ad alto fusto, foglie, animali, il cielo ed il sole e neanche una nube!
ogni volta che roberto le apriva la porta, lei portava le sue piccole mani nude davanti alla bocca spalancata, come se non riuscisse a contenere quella forte emozione senza tramutarla in un urletto di gioia.
lì ci viveva il piccolo mowgli, con i suoi denti bianchissimi ed un sorriso luminoso, nerissimi capelli spettinati e pochi pezzi di stoffa come vestiti.
non ce n'era soltanto uno, ma in tutte le pareti ce n'erano tanti, in posizioni diverse: penzolante da un ramo, in cima ad un albero, carponi in mezzo alla giungla, appeso ad una liana, in volo come un uccello...
lui poteva fare tutto quello che a lei era vietato o comunque non realizzabile e per questo motivo mowgli era per lei la libertà fatta carne.
insieme a lui, il suo inseparabile amico orso baloo.
lei impazziva per lui e si accucciava, appoggiata al muro, proprio di fronte alle gambe di lui, come a dirgli: "ehilà, abbracciami! ci sono anch'io!"
per lei era tutto vero, non era una semplice carta da parati.
lei poteva toccarli, vederli, annusarli e perfino saltellare in mezzo a loro, partecipando alla loro vita.
sulla sinistra c'era la grande e nera bagheera, per niente inquietante, ma sorridente e sinuosa, baffuta e un po' distratta.
il serpente le faceva una certa impressione: la sua immagine era formato gigante, rispetto a lei stessa e al piccolo mowgli e anche a roberto.
sembrava girasse quella stanza e invece era lei che girava su stessa per non rischiare di perdersi nessuno, neanche la tigre con la fronte corrugata e gli occhi furbi.
a terra calpestava una moquette verde scuro, che non le freddava i piccoli piedi e la faceva sentire realmente in mezzo alla giungla.
la stanza di roberto era una magia, una fiaba da vivere con il corpo e con la mente, un tripudio di natura in bilico tra realtà e fantasia.
non era soltanto la stanza di roberto, con il suo letto, la sua scrivania, i suoi giochi.
era una giungla, per lei, una giungla vera in cui rotolarsi e giocare fino allo sfinimento!
non c'era bisogno di altro per loro: lì c'era tutto l'occorrente per sognare e svegliarsi e continuare a sognare, ancora e ancora...
che senso aveva per lei restare a casa, senza una cameretta come quella?
che senso aveva giocare con altre cose, se poteva avere la giungla tutta per sé e per roberto?
era fortunato roberto, lei non aveva dubbi, ma lo era anche lei ad averlo come amico e a poter condividere con lui, qualche volta durante la settimana, l'emozione di stare nella giungla più bella di tutte le giungle messe insieme!

ora roberto è cresciuto e lì non ci vive più, so che si è sposato e forse sarà anche diventato padre.
vorrei incontrarlo di nuovo, roberto, e dirgli una cosa assolutamente importante: roberto, fa' che i tuoi figli possano vivere dentro una giungla fin dalla più tenere età, attacca nelle loro pareti la carta da parati del  libro della giungla, come tuo padre ha fatto con te!
e fa' che i loro amici possano giocare con loro in quella cameretta delle meraviglie...
perché tu, roberto, non puoi immaginare ad oggi cosa significhi per me ripensare ai nostri giochi insieme nella tua cameretta.
ciò che comunque un giorno, spero, significherà per loro aver vissuto nella giungla.

bi


martedì 13 marzo 2012

io e Carver



LA POESIA CHE NON HO SCRITTO

Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l’ho scritta
perché ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zurigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell’alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la città vecchia.
E siamo rimasti lì senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Così felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi lì
proprio in quel momento.


Raymond Carver




 Io Carver vorrei abbracciarlo, se potessi. Vorrei stringerlo forte in silenzio e basta. Non credo che ci sarebbe bisogno di altro, di parole. Quell'abbraccio puro e semplice, che riassume tutto il senso di una vita, in cui ti lasci andare e ti senti a casa.
Così mi sento quando lo leggo.
E mi struggo per capire come abbia fatto lui, a scrivere così, arrivando all'essenza, senza giri di parole, in una semplicità sconcertante. Lui sa dare il nome alle cose o forse lui le chiama con il loro vero nome e basta, e funziona ed è, così.
Come ci è arrivato a vivere così? A stringere le parole, a strizzare i pensieri confusi, a fermare e guardare e sentire così perfettamente l'essenza dei sentimenti umani?
Deve aver  avuto una vita difficile, beveva, e gli rimaneva poco da vivere. Gli avevano dato sei mesi di vita. Così smette di bere, e poi incontra Tess. E poi scrive. E poi passano dieci 10. Poi muore.
Eppure lui è sereno, sempre, di una serenità commovente, la serenità di chi ha tutto chiaro, di chi si sa far bastare un giardino e una foglia, un pesce, una barca, il mare in lontananza e un uccellino alla finestra. La serenità di chi ama un viaggio in macchina e se ne sta lì a guardare fuori dal finestrino e si sente pieno. Di chi ama ed è amato e basta, non ci sono più se e non ci sono più ma. Ci si basta e si è.
E sta per morire, e scrive, e scrive di lasciarlo andare e che ha avuto tutto dalla vita perchè ha amato e può dirsi amato sulla terra. È disarmante. E non è mai retorica e non è semplicismo e non è il “volemose bene” e non ti lascia respiro capire, che così si potrebbe pure vivere ed essere felici, sapendo che si sta morendo. Non ti lascia respiro. E non ti lascia spazio per il cinismo e per le critiche. Lui li riempie tutti quegli spazi in cui la mente va a ficcarsi per cercare di fotterti, di confonderti.
E lo senti che lui il dolore l'ha avuto, l'ha vissuto sulla pelle e lo vede e lo sente eh. Eppure è oltre tutto questo, come se vivesse a mezz'aria, sospeso. In una dimensione che non è metafisica, che non è cielo, né abisso, ma è un proprio un posto qui, sulla terra, fra di noi, un posto piccolo senza pretese, dove tutto fila liscio e tutto è chiaro, in una luce dolce che ti avvolge, rischiara ma non acceca mai, e non è troppa ma neanche troppo poca. Ma è dopo, questo posto è dopo, io so solo che è dopo, e non lo so spiegare, lo sento solamente, e non so dopo cosa.
Io me lo immagino lui, su una sedia, che guarda il paesaggio, con un raggio di sole leggero che lo accarezza, che guarda e vive, e vive come le cose che dice, perchè lui sa che tessiamo con il filo che ci è dato e comunque la primavera è dalla nostra parte.
 
Ciao Raymond, se potessi incontrati per caso, in quel posto qui sulla terra, dove tutto è chiaro, ti chiederei di tenermi un po' la mano, mentre guardo il mare con te e basta. E aspettiamo felici, come se ci avessero messi lì proprio in quel momento.



“..difficile veleggiare, e ovunque si vada,le stesse stelle. Ma il giardino e' proprio sotto la mia finestra. Non ti crucciare il cuore per me, cara. Tessiamo con il filo che ci e' dato. E la primavera e' dalla mia parte. “
R.C.


Di.

in un mondo sottosopra

una donna si asciuga le lacrime, strofinandosi la parte laterale del mignolo sulla guancia destra, dall'interno verso l'esterno del suo viso, la mano un po' aperta, la punta del mignolo che spinge verso fuori.
indossa grandi occhiali neri, un po' tondi, quasi a nasconderla, ha una folta chioma bionda e tinta, abiti neri, tacchi alti a tirarla su da terra.
è sempre triste vedere una persona che piange, una donna poi ancora di più.
un uomo sta dritto di fronte a lei.
ha un completo grigio, è poco più alto di lei, occhi chiari, capelli mossi.
lei è appoggiata con la schiena su un'auto scura, forse la sua, mentre lui la guarda un po' distratto, puntato su delle gambe sottili e leggermente divaricate e chiuso dentro due braccia conserte, come in attesa.
lei ha il volto girato e guarda un po' su un lato: ha l'atteggiamento di chi fissa un punto lontano, per poi tornare ogni tanto con i suoi occhi nascosti sugli occhi chiari di lui.
stanno discutendo, ora ne sono quasi certa, e forse lei sta piangendo per ciò che si stanno dicendo.
di nuovo penso che sia un peccato vedere una scena come questa, che la sofferenza rovini quei due corpi vicini e quelle due anime in pena.
sono quasi le sei del pomeriggio, il tramonto c'è ma lì non se ne vede la luce rossa.
c'è solo ombra, il rumore delle macchine di chi non desidera altro che tornare a casa, oppure fare altro che non sia lavoro, un odore acre di qualcosa lontano dal verde della natura e dal profumo dei fiori.
tutto intorno sembra dire: anche noi siamo tristi, oltre voi. anche noi siamo tutti tristi, per voi.
lei continua a piangere, senza far rumore, senza mai schiudere le labbra serrate.
non dice nulla, piange e basta, e ogni tanto si tappa il naso con il pollice e l'indice della mano sinistra.
forse anche lei sente quell'odore acre e forse non vuole più sentirlo.
lui tace, è chiuso in un silenzio che pare li stia stordendo entrambi.
parlano soltanto i loro corpi, entrambi sigillati, divisi da uno spazio che è vasto, decisamente troppo.
li separa quel silenzio, quegli sguardi che si fuggono e poi si riprendono, stracolmi di sensi di colpa, quelle lacrime calde e dignitose, quelle braccia compresse, quei grandi occhiali scuri, quelle gambe un po' divaricate ad aiutare un corpo esitante a stare ritto, quel grigio tutt'intorno, quella buca davanti all'auto,
quegli odori di fine giornata, le nostre macchine bloccate in fila per l'incrocio.
la fila si sblocca e la mia macchina riprende a camminare.
torno lì, nella mia macchina, e non c'è più la canzone di prima in radio.
tiro su un sospiro profondo e imploro con il cuore a quei due corpi di dirsi tutto, di non sprecare neanche un attimo di quel tempo che la vita ha dato loro.
di far parlare le parole, senza lasciare nulla di intentato, nulla di non detto, nulla che possa essere mal ripensato.
è colpa di quel posto, ne sono certa.
se si fossero trovati altrove, lui l'avrebbe afferrata per la sua mano ancora bagnata dalle lacrime e l'avrebbe portata in alto: in un mondo sottosopra.
io sono stanca, la testa è pesante e la sorreggo posandola sul braccio sinistro che preme sul finestrino.
penso che ho solo desiderio di sdraiarmi sul divano, non appena a casa.
una scena del genere non fa bene a nessuno, a nessuno.

bi



[la promenade, marc chagall]

lunedì 12 marzo 2012

tra il serio e il no

faceto è un termine che mi fa un po' schifo, neanche si capisce da qualche sillaba il suo significato, che è ironico e scherzoso.
non c'è neanche un apostrofo, tipo f 'aceto.
invece ironico ce l'ha eccome l'apostrofo e l'ironia è la base della vita, se vuoi vivere come si deve.
ironia ed autoirona, naturalmente, perché se poi ti prendi sempre sul serio, campi triste e gli altri pure ti vedono triste. e se poi prendi sul serio gli altri, li comprendi a metà e una sola metà non basta mai a nessuno.
dunque, oggi mi colloco tra il serio e l'ironico.
sono seria quando leggo quello che succede nel mondo (come si può ignorarlo, d'altronde?).
sono seria tanto da sentire le budella che si contorcono e da percepire le lacrime scendere sulle guance ancor prima che scendano sul serio.
ci sono parole che mi fanno piangere: gaza, siria, afghanistan, nigeria, giappone (e non solo).
ci sono parole che mi fanno vomitare: usa, fornero, spread, dell'utri, alfano (non sarebbe più carina half-ano?), sfigato, quote rosa (e non solo).
(vi risparmio le motivazioni).
non che i drammi vadano ignorati, se ne diventerebbe complici inconsci.
non che le posizioni non vadano prese, si diventerebbe ignavi e complici consapevoli.
è solo che di spazio nella mente ce n'è molto di più di quello che sappiamo percepire e allora è il caso di decidere come organizzarlo.
io decido di immaginare una libreria bianca e luminosa, con i ripiani resistenti ed eleganti, molto grande molto alta molto bella, stile un po' provenzale e un po' inglese, e immagino di averla tutta in testa.
ripongo nella parte sinistra in alto le cose serie, visto che c'è la riga dei capelli che marca il territorio.
(e lascio la riga dei capelli anche nella libreria).
a partire dalla riga a destra, ci metto il resto.
ci metto il fatto che oggi sono vestita di marrone e ho lo smalto marrone, i capelli tirati con la riga confusa, uno sguardo perdutamente presente/assente da lunedì, non ho ancora digerito la cotoletta fritta di ieri sera (e neanche le crocchette di patate), ho imparato cos'è un retweet, ho rivisto "mission" (bellissimo), un giorno chiederò a fabio volo su twitter chi gli scrive libri e frasi fatte, ho fotografato due buche pazzesche che incontro per strada per venire a lavoro, è metà marzo e la sera fa ancora freddo, ho letto arrosticini abruzzesi e mi sono sentita meno malinconica (non per la parola spiedini, non ho digerito ancora), ho una vorace e costante voglia di dolci, mettere il bikini in questo periodo sarebbe un doppio problema, voglio comprare due libri e dividerli con manu mia, sabato stavo per comprarli ma il tipo non ce li aveva e ho capito che è un azzeccacarbugli (con la C perché con la G sarebbe tipo un avvocato), ho ascoltato "anna" di lucio dalla e mi ha fatto venire i brividi per la bellezza, ho dormito con le lenzuola viola e ho pensato che siano state quelle a bloccarmi la digestione, mi mette quindi pensiero dormirci anche questa notte quindi mangerò un petto di pollo triste, ho trovato una similitudine tra me e dante alighieri che mi ha spaventato (la similitudine non è certo che scriviamo entrambi, poveraccio lui altrimenti), ho sognato le mie micie, questa notte tirava un vento forte, la luna è in scorpione, i pesci sono un segno mistico e meraviglioso (ma l'eccezione c'è sempre), sono consapevole che dopo i trent'anni la vita ti cambia in meglio, che chi non sa ridere di sé è un essere pericoloso e quasi spietato, ho tutti i film dei vampiri di twilight e mi sento molto felicemente teenager per questo, leggo l'oroscopo che dico io tutte le settimane, laverò presto la mia macchina perché ormai farà quasi un anno che non la lavo, ho trovato un libro a casa mia che a questo punto dev'essere mio ma non mi ricordavo di cui mi vergogno di scrivere il titolo ma ve lo dico lo stesso "101 modi per riconoscere il tuo principe azzurro" e non è neanche ingiallito quindi sarà recente (fa molto outing tra me e me stessa tutto questo), scrivere mi fa impazzire dalla gioia peccato solo per voi ai quali va ogni volta con grande amicizia la mia più grande ammirazione e riconoscenza, scopro con un po' di gioia che in fondo se vogliamo le cose ironiche e meno serie della vita riescono a diventare più numerose di quelle serie: basta scriverle.

bi     

post scriptum: nella mia libreria le cose non saranno mai riposte in ordine alfabetico, cosa che fa molto serial killer. ecco.



[titolo dell'immagine: buongiorno bi, è la tua agenda che ti parla.]

venerdì 9 marzo 2012

questa stanza non è un acquario

entra con altri due: loro si dirigono verso la reception, lui no.
appena dentro, si volta a sinistra: cellulare all'orecchio, voce troppo alta, occhiali da sole scuri, egocentrismo trasudante, postura invadente, prossemica violata.
penso subito, nell'ordine:
il cellulare si spegne prima di entrare, è una questione di buona educazione.
la voce si abbassa all'interno di un ufficio, è una questione di buona educazione.
gli occhiali non servono, abbiamo il neon non una tempesta solare in atto, è una questione di buona educazione.
il resto sono una questione mia, giudizi e pregiudizi miei, sensazioni mie, di cui (forse) vi dovrei risparmiare la lettura.
ma torniamo ai fatti, interessanti.
mi fissa. per più di tre minuti consecutivi.
appena entrati, infatti, sulla sinistra c'è la mia stanza.
è un ufficio per metà a vetrate, per metà fatta di muri e finestre.
è fatto quasi tutto così l'ufficio, a vetrate disposte in un lungo corridoio.
mi diverto da matti a camminare nel corridoio e abbassarmi (sempre continuando a camminare) fino a far scomparire la mia figura, generando l'ilarità generale e dimenticando tutti, per pochi istanti, che siamo illuminati da lampade al neon e che a volte sembriamo robotici...
dunque, mi fissa. per più di tre minuti consecutivi.
da fuori la mia vetrata, come se fossi in vetrina.
come se stessi lì per intrattenerlo, mentre lui imperterrito prosegue con la sua nient'affatto gentile conversazione telefonica.
grida, cosa grida? cosa vuole dimostrare? a chi? cosa ha mangiato a colazione? ha mangiato a colazione? cosa dirà alla riunione? che ruolo ha? non nella vita (quello lo intuisco dai suoi gesti... sì lo so è un pregiudizio, fa nulla, ne ho anch'io), in azienda, intendo.
lo fisso. per pochi secondi.
bruciato, ecco. folgorato, annientato, inibito, colpito e affondato. (poveraccio, manco avrà capito).
ammetto di essere esagerata, ammetto pure di essere una fervida tollerante che alterna picchi di sprezzante intolleranza, ammetto anche che esercito una certa (e sana) forma di razzismo (della quale però dovrei modificare la radice razz-).  
è che la mia stanza non è un acquario, santo cielo benedetto.
sì, ha una temperatura costantemente tropicale pressoché dodici mesi l'anno, ha le vetrate invece che dolci muri tinte pastello, i pannelli sono blu (che cattiveria averli scelti di questo colore, dannazione!)...
ma non è un acquario! ed io non sono un pesce tropicale, o uno raro, men che meno una sirena, né una roba in esposizione!
voglio una stanza che non lasci libera interpretazione e non sembri un acquario. ecco.
voglio una stanza lontana dall'entrata e con i muri classici, tinte pastello. grazie.

bi

giovedì 8 marzo 2012

io ballo con le ballerine

comprerò un paio di ballerine.
leggere, tipo con le ali.
che ballino da sole e abbiano solide radici.
colorate, magari rosse.
con un grande fiore, o un timido fiocco in punta.
mi servono, un paio di ballerine.
ci devo combattere la retorica di chi dice cha siano antisesso.
(lo dice qualche essere povero di spirito e di immaginazione).
mi servono proprio, un paio di ballerine.
ci voglio danzare come danzerebbe una ballerina sulle sue punte.
io non so danzare, ho sempre immaginato di farlo e sempre guardato con amore chi sa danzare.
ecco, con quelle potrei ballarci, anziché soltanto camminare.
mi servono adesso, un paio di ballerine.
perché sono stufa di castigare le dita dei piedi dentro goffi stivaloni.
si stanno risvegliando dal letargo, loro, e desiderano alleggerirsi e sentirsi vive.
ché tra poco potranno nuovamente uscire allo scoperto.
appena avrò le ballerine, le metterò su uno sgabello, in un angolo luminoso della stanza.
non chiuse in un mobile o una scarpiera.
le accarezzerò tutte le mattine e dirò loro che fuori è una bellissima giornata. e dentro pure.
poi prenderò la ballerina destra con la mano sinistra.
e la sinistra con la mano destra, una per volta.
metterò il pollice nel tallone e infilerò lì dentro la punta del piede.
poi ci chiuderò anche il tallone e... ecco qua: due energiche e bellissime ballerine ad abbellire e liberare il mio passo!
le guarderò, sorridendo, con quel ché che sfarfalla nello stomaco per un po' di sciocca emozione.
ne andrò fiera per me stessa, delle mie ballerine che ballano e mi fanno ballare, e soprattutto le mostrerò al mondo intero!
che ha tanto bisogno di leggerezza e anche di cose inconsistenti e anche di cose frivole e anche di cose poco serie e anche di ridere e anche di non pensare troppo.
e anche di un paio di bellissime leggerissime coloratissime ballerine che sappiano farlo ballare.

bi




[banksy, pis & lov]


mercoledì 7 marzo 2012

L'Orto di Bi

abbiamo piantato l'alloro.
speriamo solo che sia sopravvissuto al metro e mezzo di neve di febbraio.
è un po' magro, altezza media, diciamo giusta per non far concorrenza alla mia.
se mi affaccio dalla finestra ad arco della cucina, non lo vedo, ma ogni volta in cui torno a casa, finite le scale, è lì che mi accoglie.
e poi, subito dopo di lui, esce lola (la mia micia nera e bionda) dal suo angolo nascosto.
l'alloro era considerato simbolo di metamorfosi, illuminazione, sapienza divina e veniva anche usato per coronare il capo di poeti o generali vittoriosi.
capito dunque perché mi osserva al mio ritorno?
cerca di capire se rientro gloriosa e vittoriosa, oppure sconfitta e mesta.
ma per lui sembro sempre vittoriosa, è come se fosse sempre pronto a dirmi "questa parte di me è cresciuta bene per te: prendila, ora è pronta per essere tua".

abbiamo piantato una rosa.
lei sopravvive attraverso il verde di alcune parti di sé e ora si sta preparando ad esplodere nel suo colore rosa luminoso.
una volta ce n'era un'altra, all'angolo del terrazzo a destra, ed è vissuta più di cinquant'anni!
è morta con chi l'aveva piantata, nonna anna.
al tempo sembrò non aver retto il colpo, seppure avesse sempre resistito alle intemperie più dure.
il tempo di salutarsi, quelle due, e la rosa è finita con lei e le sue cure e la sua presenza fisica.
si è sentita sola, non ha avuto più compagnia, e si è stancata di resistere.
anche la nostra emana bellezza, eleganza, fragilità, come la sua antenata.
sembra che, passando, altri poeti e artisti possano ancora rivolgerle odi e dedicarle note.
molti dei sentimenti umani li associamo ai diversi colori della rosa, come se fosse proprio il suo colore a suggerirci cosa provare.
toccandola, possiamo assaporare il contrasto tra la sua immagine di purezza e bellezza e la ruvidità delle sue spine, mai pronte a farci male se non per nostra imprudenza.

abbiamo piantato il rosmarino.
si parla un po' da lontano con l'alloro, senza mai alzare la voce.
è molto più basso di lui, più tondo nella sua figura, più esile nei rami e nelle foglie.
emana un odore intenso che richiama le mie mani a strofinarsi nei suoi rami e che sembra materializzare ricordo e memoria.
appare ispido, quasi poco accogliente, un po' a dire a chi arriva (con un sopracciglio più alzato rispetto all'altro) "ti sto controllando per capire chi sei".
un tempo si pensava che allontanasse spiriti malvagi, forze maligne e malattie.
e un po' lo fa anche il nostro, io lo so. lo vedo.

abbiamo piantato la salvia.
è una donnina delicata e si bacia ogni giorno con il rosmarino, andandosi a confondere nel suo profumo.
si vede che lei è innamorata e che lui vorrebbe sposarla...
è che la salvia è salvezza, grazie alle sue proprietà terapeutiche e medicinali.
è legata alla vita, ai bei sogni, e rosmarino questo lo sa.
per questo l'ha scelta e la guarda con grande amore e protezione.

abbiamo piantato il timo.
ha lo sguardo rivolto verso l'alloro: è stato piantato prima e considera l'alloro più giovane e più inesperto di lui.
al timo sono legate l'idea di operosità, amore duraturo, vitalità.
è protettivo, organizza la vita del nostro orto e risponde alle mie domande facendosi portavoce di tutti.

il fico non lo abbiamo piantato noi.
lui è davvero tra i più anziani ed è certamente più anziano di me.
me lo ricordo da tanti anni, da quando ero piccola e mamma luce voleva a tutti i costi che ne assaggiassi i frutti.
"fanno bene, sono buoni e dolci... senti che buoni!"
ma io non volevo mangiarli: erano così belli verdi, un po' panciuti e un po' a punta.
giocavo sempre con quelli caduti e lei non riusciva a capirmi quando le dicevo "non lo voglio!"
il  mio non era un capriccio, io non volevo mangiare i fichi con cui giocavo e basta.
questo albero di fico mi osserva quando arrivo in cima alla scala, prima dell'alloro.
l'ho sempre temuto un po', perché da lì lui vede tutto quello che ho sempre fatto (marachelle comprese).
lui vedeva quando mi scambiavo le scarpe con la sorella di rocco... e lui non voleva che lo facessi, come non lo volevano mamma e papà.
e poi ce n'è un altro di fico, ti saluta quando esci dall'orto, nella parte più alta, chiudendo il giardino.

a maggio vorrei comprare un ulivo.
già so dove metterlo: vicino all'albero delle prugne.
gli farebbe compagnia, ché questo è sempre tutto solo finché non arriva lola e gli si arrampica sopra (lola è la micia di prima, non è monella ma solo ancora piccola e giocherellona).

ho ancora tanti alberi che vorrei far piantare, per fotografarli, guardarli, sorridere loro, parlarci, abbracciarli.
per poi raccontare a voi altre delle loro storie fantastiche.
magari poi qualcuno potrà pensare che non siano vere, che siano bizzarre e troppo fantasiose.
che siano roba per bambini.
e invece vere lo sono, perché lo sono per me.

bi

martedì 6 marzo 2012

Girl you’ll be a woman soon



        







Girl you’ll be a woman soon
Girl you’ll be a woman soon.
18 anni. Palladium. R. Rock. Vestiti spesso  neri.
Ballavo, quasi sempre sola. Ero un satellite smarrito nel buio infinito.
E miriadi di costellazioni lontane, puntini di luce, mi sembravate. Eravate satelliti smarriti, abbandonati, anche voi.
Creavo un orbita in cui non volevo entrasse nessuno.
Compivo un intero giro attorno a me stessa, danzando.
Ero un pianeta azzurro e lontano.
“Presto sarai una donna” rimbombava nella mente, “presto sarai una donna” e la lasciavo scivolare dentro. E confusione di stelle lontane milioni di anni, sconosciute inaccessibili, e pensieri veloci navigavano su vie Lattee come lingue di  polvere di luce.
 E mi pensavo, mi sognavo, mi guardavo le mani, i piedi, mi stringevo i polsi per sentire se c’ero.
Rilucevo, accecavo,  mi oscuravo.

Girl you’ll be a woman soon.