martedì 13 marzo 2012

io e Carver



LA POESIA CHE NON HO SCRITTO

Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l’ho scritta
perché ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zurigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell’alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la città vecchia.
E siamo rimasti lì senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Così felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi lì
proprio in quel momento.


Raymond Carver




 Io Carver vorrei abbracciarlo, se potessi. Vorrei stringerlo forte in silenzio e basta. Non credo che ci sarebbe bisogno di altro, di parole. Quell'abbraccio puro e semplice, che riassume tutto il senso di una vita, in cui ti lasci andare e ti senti a casa.
Così mi sento quando lo leggo.
E mi struggo per capire come abbia fatto lui, a scrivere così, arrivando all'essenza, senza giri di parole, in una semplicità sconcertante. Lui sa dare il nome alle cose o forse lui le chiama con il loro vero nome e basta, e funziona ed è, così.
Come ci è arrivato a vivere così? A stringere le parole, a strizzare i pensieri confusi, a fermare e guardare e sentire così perfettamente l'essenza dei sentimenti umani?
Deve aver  avuto una vita difficile, beveva, e gli rimaneva poco da vivere. Gli avevano dato sei mesi di vita. Così smette di bere, e poi incontra Tess. E poi scrive. E poi passano dieci 10. Poi muore.
Eppure lui è sereno, sempre, di una serenità commovente, la serenità di chi ha tutto chiaro, di chi si sa far bastare un giardino e una foglia, un pesce, una barca, il mare in lontananza e un uccellino alla finestra. La serenità di chi ama un viaggio in macchina e se ne sta lì a guardare fuori dal finestrino e si sente pieno. Di chi ama ed è amato e basta, non ci sono più se e non ci sono più ma. Ci si basta e si è.
E sta per morire, e scrive, e scrive di lasciarlo andare e che ha avuto tutto dalla vita perchè ha amato e può dirsi amato sulla terra. È disarmante. E non è mai retorica e non è semplicismo e non è il “volemose bene” e non ti lascia respiro capire, che così si potrebbe pure vivere ed essere felici, sapendo che si sta morendo. Non ti lascia respiro. E non ti lascia spazio per il cinismo e per le critiche. Lui li riempie tutti quegli spazi in cui la mente va a ficcarsi per cercare di fotterti, di confonderti.
E lo senti che lui il dolore l'ha avuto, l'ha vissuto sulla pelle e lo vede e lo sente eh. Eppure è oltre tutto questo, come se vivesse a mezz'aria, sospeso. In una dimensione che non è metafisica, che non è cielo, né abisso, ma è un proprio un posto qui, sulla terra, fra di noi, un posto piccolo senza pretese, dove tutto fila liscio e tutto è chiaro, in una luce dolce che ti avvolge, rischiara ma non acceca mai, e non è troppa ma neanche troppo poca. Ma è dopo, questo posto è dopo, io so solo che è dopo, e non lo so spiegare, lo sento solamente, e non so dopo cosa.
Io me lo immagino lui, su una sedia, che guarda il paesaggio, con un raggio di sole leggero che lo accarezza, che guarda e vive, e vive come le cose che dice, perchè lui sa che tessiamo con il filo che ci è dato e comunque la primavera è dalla nostra parte.
 
Ciao Raymond, se potessi incontrati per caso, in quel posto qui sulla terra, dove tutto è chiaro, ti chiederei di tenermi un po' la mano, mentre guardo il mare con te e basta. E aspettiamo felici, come se ci avessero messi lì proprio in quel momento.



“..difficile veleggiare, e ovunque si vada,le stesse stelle. Ma il giardino e' proprio sotto la mia finestra. Non ti crucciare il cuore per me, cara. Tessiamo con il filo che ci e' dato. E la primavera e' dalla mia parte. “
R.C.


Di.

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